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Vadalà | Pandemia o pandemonio?

Il termine ‘epidemia’ viene dal greco epi – demos, ‘sopra il popolo’. Un po’ come accaduto coi software, trasfigurati nelle più accattivanti ‘app’ per incutere meno timore al demos, l’epidemia la si è poi trasformata in pandemia, per incutergliene di più. E di pandemia, ‘tutto il popolo’, concederete l’assonanza con pandemonio, pan – daimonion, ‘tutti i demoni’. La semantica tende ad evidenziare delle verità: ‘parole che si somigliano si pigliano’, parafrasando la voce del popolo/demos…

Nell’ormai lontano gennaio 2020 si iniziò a parlare diffusamente di virus cinese quale prospettiva infausta ma vaga, lontana ed a quel momento non presente in Italia: la sensazione che ci si trovasse agli esordi di un pandemonio non c’era, e del resto la chiamavamo ancora epidemia. Tanto che politici e amministratori italiani molto noti si affannarono a mostrarsi ‘superiori’ alle paure, considerate eccessive, e soprattutto alle discriminazioni che ne sarebbero potute derivare… chi dimenticherà mai l’iniziativa ‘#abbracciauncinese’ del vispo Nardella, sindaco di Firenze, oppure l’aperivirus di Nicola Zingaretti, nato per esorcizzare le angosce e finito col segretario del PD ammalato, od anche l’intuitivo Gori, sindaco di Bergamo, il quale, mentre la sanità orobica giá da mesi annotava ‘strane’ e virulente polmoniti fra gli anziani, offriva mezzi gratis ai concittadini, purché non rinunciassero ad assembrarsi in centro città nel weekend… oppure sbaglio, ci si siamo già dimenticati, magari perché i primi ad aver dimenticato son proprio quelli pagati per ricordare, i giornalisti?
Da quando l’OMS, dopo qualche titubanza – la prima fra tante, pensate solo ai cartelli ancora oggi affissi in scuole e mezzi pubblici, che riportano le linee guida dei primi mesi del 2020…”usa la mascherina solo se sospetti di essere malato…” – la rinominò pandemia, in virtù della larga diffusione, inutile negare che ci ritroviamo in un pandemonio. Il virus cinese divenne di colpo lombardo, per sapiente slinguata di celebri virologi a potenti natiche asiatiche, affratellate in San Francesco Saverio ad altri lombi, meno esotici ma altrettanto muscolosi: sarebbe stata quindi la Langobardia, terra dei longobardi, ad aver infettato prima il Celeste Impero e poi il Mondo. Di tale bislacca ipotesi scomparvero presto le tracce, insieme a quelle dei coraggiosi medici cinesi che avevano segnalato grosse anomalie già alla fine del 2019, per finire detenuti od esautorati, in qualità di nemici della patria. Quel che invece non sparì, perché direttamente mai apparso, fu il resoconto dell’intenso traffico industriale e commerciale che s’era stabilito negli ultimi anni proprio fra la provincia di Hubei, col capoluogo Wuhan epicentro pandemico, e la menzionata regione italiana. Ciò in seguito ad importanti incontri fra camere di commercio lombarde e cinesi, avvenuti in calce all’EXPO milanese e divenuti grande business negli anni successivi.

Tale correlazione avrebbe forse potuto spiegare la quasi contemporaneità epidemica fra luoghi tanto lontani, che la globalizzazione aveva (fortunatamente?) reso tanto vicini, insieme alla straordinaria mortalità bresciana e bergamasca; senza nulla togliere alla genetica, si intende, che ci fa tutti simili in quanto uomini, ma tutti diversi in quanto popoli.

Nessuno, invece, se ne curò minimamente: molto più facile mostrare immagini di medici cinesi giunti in Italia a miracol mostrare. Se parliamo di genetica, impossibile obliare il dottor Montagnier, convinto dell’origine artificiale del virus, per lui sviluppatosi intorno al laboratorio virologico di Wuhan, di malcerta sicurezza ed ubicato a due passi dal ‘mercato dei pipistrelli’, dove la poco libera stampa cinese aveva segnalato i primi casi noti di Covid… e perché non rammentare la sorprendente reazione dei media e dei colleghi, che fecero di Montagnier, il celebrato Nobel di dieci anni prima, un vecchio rimbambito. Quel virus poteva essere di Vergate sul Membro, ma mai e poi mai artificiale, sfuggito ad un laboratorio. Intanto L’Italia ne approfittava per definire sé stessa ‘un modello per il Mondo’, scoprendo poi di avere più contagiati – e soprattutto decessi, la maggior parte in Lombardia – di ogni altra nazione. Un modello fatto di lockdown e diuturni decreti ministeriali, dimentichi sia della riserva di legge che la ‘Costituzione più bella del mondo’ pone in campo penale, sia della tutela assoluta della libertà personale che essa accorda ex articolo 13. Tanto dimentichi da aver figliato una nidiata di sentenze avverse alle sanzioni comminate in base a tali decreti. Insomma, errori e mezze verità, omissioni, accuse, smentite, divisioni, sospetti, autoinganni, inganni… ma chi é infine il ‘grande ingannatore’, ‘colui che divide’, dal greco diaballein? Il diabolon, il demonio. Pandemia o Pandemonio?

Da allora ne è passata di acqua – e di decreti – sotto i ponti. Siamo arrivati ai vaccini, essenzialmente sperimentali. Un passo avanti importante, chissà se decisivo. Intanto il caos ci accompagna ancora, idem le omissioni e le bugie. É calato dall’alto, con grande fracasso, un nuovo Re travicello, per vaccinarci tutti. Volenti o nolenti. Se non per noi stessi, under cinquanta, che statisticamente ben poco risentiamo del morbo, toccherebbe farlo per chi ha patologie o per chi è avanti negli anni: almeno questa è la teoria. Ma le vaccinazioni vanno davvero a rilento. I vaccini che paiono più sicuri, ovvero con meno effetti collaterali – non a caso si cerca di riservarli alla terza età, per quanto finanche ciò sia opinabile – richiedono una logistica cronometrica, ai confini dell’impraticabile, poiché dipendono da una catena del superfreddo che malissimo si presta alla somministrazione di massa. Ancor meno, temo, alle temperature estive italiane. Sia come sia, addì 27 Marzo 2021, solo il 20% degli ultraottantenni risulta vaccinato ed ogni previsione ottimistica si scontra con la dura realtà. Altri vaccini hanno presentato ‘fastidiose’ reazioni, dalla febbre molto alta alla trombosi letale. Errore grave è stato aver sottaciuto al demos la nota incidenza statistica di casi avversi – avvengono con qualsiasi vaccino, dal giorno in cui furono inventati – così da lasciarlo atterrito e sfiduciato al loro inesorabile verificarsi. Presentati come bacchetta magica e panacea, i vaccini sono invece un’ancora di salvezza che si getta dopo accurato calcolo, i cui benefici risultano in genere superiori ai costi, ciò però in quanto massa, in qualità di gregge.

Talvolta potrebbe non andar così liscia. A volte è possibile prevedere quando, e prevenire, a volte no. Statisticamente, a taluni andrà male. Mentire sul punto potrebbe indurre al rigetto, senza appello: quando la sfiducia si fa strada è difficilissimo recuperare. A maggior ragione se si tenta di coprire un’omissione con una menzogna.

Il vaccino Astrazeneca ha quasi certamente generato reazioni gravissime ed impreviste in alcuni giovani nordeuropei. La trombosi riscontrata in concomitanza è infatti rarissima, verificandosi contemporaneamente a calo piastrinico ed emorragie. Esubera di molto l’immaginabile, rispetto al numero dei vaccinati, e ciò ha prodotto importanti conseguenze nelle politiche di somministrazione, nonostante il ridotto numero di casi occorsi, in valore assoluto. La Svezia, paese produttore del vaccino, l’ha sospesa per settimane, Norvegia e Danimarca per mesi. La Francia ha ritenuto, stante l’esiguità di casi gravi fra gli under cinquanta, di somministrarlo a chi ne ha più di cinquantacinque, valutando che solo per loro il gioco valesse la candela: appena un paio di mesi prima l’azienda aveva però presentato il farmaco con indicazioni antitetiche. Su questi fatti, considerati scomodi, in Italia si glissa del tutto e da parte di tutti, media, medici ‘telegenici’, politici. Anzi, avendo la propaganda deciso di mitizzare una vaccinazione che da bugiardino (nome popolare non casuale del ‘foglietto illustrativo’) già si presentava incapace sia di immunizzare che di impedire la trasmissione, rivolgendosi quindi esclusivamente alla riduzione dei potenziali sintomi gravi – alcuni clamorosi casi a Verona, di cui i TG non si occupano, lo stanno pienamente confermando – tendiamo a raccontare il falso, sostenendo ad esempio non esista correlazione fra trombosi e vaccino. Sulla scorta delle decisioni di EMA, agenzia europea di medicina, che in pochissimi giorni ha rivenduto certezze per ottener le quali servirebbero mesi. Quei mesi che alcune civilissime nazioni stanno infatti concedendosi, al fine di decidere oculatamente su costi e benefici. A proposito di costi/benefici, la Premier tedesca Merkel ha revocato il lockdown di Pasqua, chiedendo scusa per l’errore d’aver ritenuto di imporlo. Ma la Merkel può permetterselo, perché la sua credibilità non cala dall’alto, appiccicata a ipotetici piani vaccinali da praticarsi ‘al primo che passa’ (cit. Generale Figliuolo), bensì è guadagnata in quindici anni di cancellierato e plurimi successi elettorali. Altri, evidentemente, preferiscono irrompere presso le aziende private confezionatrici di vaccini, ree di stoccare fiale e di spedirle presso i loro centri logistici, in ossequio ai piani europei ed ONU. Come entrare da un terzista di moda, di cui si è fra i committenti, ed accusarlo di avere in deposito una grande quantità dei cappotti a cui, per lavoro, attacca i bottoni.
Allargando ancora lo sguardo, il pandemonio s’estende quanto e più della pandemia stessa. Le norme che regolano le presidenziali americane, di per loro stesse intricate e datate, sono state pesantemente alterate col pretesto della pandemia, conducendo alla più contestata vittoria elettorale della Storia americana, scaturigine di potenziale terrorismo politico autoctono, che qualcuno inizia a guardare con vero timore. Hong Kong, nel mezzo di pesanti diatribe geopolitiche fra Cina, USA ed UE – ma il Commonwealth non sta a guardare – ha appena scoperto una serie di lotti fallati del medicinale Pfizer, euroamericano, dietro ‘soffiata’ di Pechino. Sempre la Cina pratica da mesi tamponi anali ai malcapitati cittadini del Giappone che sorprende sul suo suolo, sino a meritarsi veementi proteste ufficiali del Sol Levante. Chissà a che pensava il capitano giapponese della ciclopica Ever Given, mentre seguiva l’inusitata rotta fallica che lo ha condotto ad arenarsi, sigillando il canale di Suez… Forse alle centinaia di navigli cinesi che lo seguivano, bloccati per settimane nel Mar Rosso, in mezzo ad un serpentone di petroliere a pieno carico? A pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, diceva un tale che di pandemoni ne aveva visti tanti, nato com’era nel 1919.
Pandemia o Pandemonio, chi sarà nato prima? Una cosa è sicura, il Signore delle Mosche ci mette volentieri lo zampino. E s’è riletto Foucault.

Treno Taranto – Roma, 27 Marzo 2021


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Comments (2)

  • Marina Causarano

    Ho apprezzato come necessaria la memoria dei primi avvenimenti ( il demos tende facilmente a dimenticare). Non credo che sua sempre sbagliato “pensare male” di qualcosa o di qualcuno anche perché le incongruenze su quanto accade continuano ad esserci. Gran bell’articolo infine, sintassi elegante ed agile periodare. Che bella quella congiunzione “od”

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    • Pasquale Vadala'

      Troppo gentile, lieto sia risultato interessante e di piacevole lettura. Grazie.

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