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Vedruccio | Al buio il mare è giallo

Volevo che il mio teatrino fosse la casa dei mille frutti nascosti. La casa degli accadimenti meravigliosi di ogni giorno. Perché, ogni giorno, davanti ai nostri occhi accadono piccoli miracoli, ma noi spesso non li vediamo. Un altro anno di lavoro è trascorso e posso dire con gioia che questa casa esiste. I miei allievi hanno messo in scena uno spettacolo dal titolo “Siccome al buio il mare è giallo”.[1]  Non racconterò dei testi, delle scene, né spiegherò la scelta di questo titolo. Mi preme raccontare invece ciò che di meraviglioso è accaduto nella mia vita durante questo lavoro.

Tre momenti che si sono levati sul tempo come piccole onde di mare rigonfie e che ora stringo leggere tra le mani, ampolle d’acqua palpitante.

 

Ecco, ho pensato, ecco è accaduto un altro miracolo. Di nuovo la vita mi rende la vita davanti agli occhi. Guardo la mia giovane allieva mentre dice le parole studiate per il nostro spettacolo, mentre esegue con cura ogni gesto scelto per accompagnare la voce, mentre la voce si scioglie nel gesto e lei tutta nel suo dire. Piango. È accaduta la cosa più bella che possa accadere nel mestiere di un insegnante: consegnare la propria esperienza nelle mani di un allievo che se ne prende cura. Vedere rivivere il proprio lavoro nelle mani gentili di un altro, vedersi rivivere, diversi. Assistere a una nuova nascita, perché le parole della mia allieva non me le aspettavo così, non le avevo previste così e anche a lei, sono sicura, qualcosa del suo dire, è sfuggita. Ne sono sicura per quel sorriso e quella lieve alzata di spalle che ha fatto alla fine del testo. Tenera moina di chi si dichiara innocente.

 

 

Ho ricordato all’improvviso ciò che era successo tanti anni fa. Abitavo ancora nella mia prima casa, al quinto piano di una palazzina al centro del paese. Uscimmo tutti sui balconi e per le strade quel pomeriggio, allarmati dal frastuono di un incidente. Non vidi il corpo di chi giaceva a terra nel suo sangue, ma i miei occhi hanno immortalato l’arrivo del padre del ragazzo, la forza immane delle sue braccia che si scrollavano di dosso, come mosche, interi gruppi di persone che cercavano di impedirgli la vista del figlio. Qualche mese dopo seppi che, in quell’incidente, il ragazzo aveva perso la vista e l’udito. Ma, presa dalla sveltezza dei miei diciotto anni, dimenticai presto tutto. Ora che ho rincontrato quel ragazzo, Giacomo, ho ricordato e ho voluto inserire nello spettacolo dei miei allievi uno dei suoi racconti. È stato un gesto incondizionato, istintivo, quasi un riflesso. Ho obbedito a un richiamo. Ho assecondato un movimento.

La sua vita cercava nella mia un po’ di spazio per respirare meglio e a me non è pesato concederglielo. Anzi ho trovato grande giovamento nel prendermi cura di questa richiesta. Lontano dagli obblighi morali e dalle nostre paure, nella giusta misura, le relazioni d’aiuto sono naturali, reciproche e benefiche.

Ho reso partecipi i miei allievi di questa collaborazione e, tra un << Non vede, non sente, ma almeno parla? >>, un << è uguale a noi >> e qualche sguardo perplesso, sono stati contenti di incontrarlo e conoscerlo alla fine dello spettacolo. Ci siamo seduti in cerchio e uno per volta hanno scritto il loro nome col dito sulla mano di Giacomo. In stampatello, una lettera sopra l’altra, una mano dopo l’altra, una carezza, un po’ di solletico. Giacomo sapeva già i loro nomi, il loro personaggio, i costumi che indossavano, il nome dei loro genitori. Si divertiva a spiazzarli raccontando loro tutte queste cose, come se le stesse indovinando in quel momento.

 

 

 

Siccome al buio il mare è giallo … ho voluto chiedere ai miei allievi che tipo fosse in fondo questo mare, intendo se fosse una persona in carne, ossa e tutto il resto. Ecco i loro puntualissimi identikit:

Identikit uno.

Note:

Sig. Mare:

Volto: alto in larghezza, occhi spalancati.

Corporatura: molto cicciotto, mille gambe sottili.

Abbigliamento: vestito verde con toppe celeste acqua, marrone, blu, gialle … dipende.

Svolgimento:

Mare birichino, hai occhi spalancati come stelle, le lucide e inimitabili stelle. Hai un volto. Hai un volto alto in larghezza e molto cicciotto perché inghiotti la terra. Hai mille gambe sottili, sì le hai. Sei vestito come uno zingaro, con un vestito verde a toppe celeste acqua, marrone, blu, gialle … dipende.

Identikit due.

Il mare ha la faccia che tradisce. Blu è lui. Schiuma a volontà mai finirà. Se un giorno vi capita davanti, non vi fidate! Beh…a pensarci, a volte il mare non tradisce veramente, fa solo lo spiritoso e vi riporta ciò che vi ha rubato. Di notte il mare è giallo, la mattina seguente mi sveglia il gallo e vado al mare. Vorrei nuotare, sì, esatto, lo voglio fare! Devo nuotare, perché il mare di giorno è splendente e blu, l’acqua è fresca, rilassante e brillante, ma… non vi fidate! Comunque, se non avete mai visto il mare o non siete mai andati a trovarlo, state sicuri che lui verrà da voi.


[1]  P.Neruda: “La chiave” (Una casa sulla sabbia, Passigli  Editore, 2004).

 

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