Interview | Museo del Risorgimento
Incontriamo per un’intervista Thea Rossi, Educatrice della Sezione Didattica del Comune di Milano, che ci guida alla scoperta delle sale del Museo del Risorgimento della città, spazio autentico e vibrante delle vicende storiche che dettero vita al lungo processo di unificazione italiana. Grazie a Thea Rossi e al Museo del Risorgimento, entriamo nel vivo della narrazione storica, tra luoghi, personaggi, riferimenti che pronunciano la voce della nostra identità, ripercorrono le tragedie e le euforie di quegli anni di radicale trasformazione.
Quando è nato il Museo del Risorgimento di Milano e dove si trova?
Il Museo del Risorgimento (nato nel 1885) ha sede dal 1951 nel settecentesco Palazzo Moriggia, in via borgonuovo 23. Fu progettato nel 1775 da Giuseppe Piermarini, alle spalle del vasto complesso di Brera. Già sede, in epoca napoleonica, del Ministero degli Esteri e, in seguito, del Ministero della Guerra, il palazzo, passato nel 1900 alla famiglia De Marchi, fu donato al Comune di Milano dalla moglie del celebre naturalista Marco De Marchi e in quell’occasione destinato a sede museale. Ci piace sempre ricordare ai ragazzi che vengono qui in visita che il palazzo venne donato affinché venisse utilizzato come spazio culturale aperto a tutti i cittadini: dopo la terribile Seconda guerra mondiale, che aveva visto Milano bombardata, c’era bisogno di ricostruire la città, non solo nei suoi palazzi e nelle sue case, ma anche nella sua anima: bisognava rinascere attraverso la cultura e la bellezza. Ecco perchè subito venne spostato qui in questa nuova sede il Museo del Risorgimento, che prima era al Castello Sforzesco (ed era stato bombardato).
Questo museo è un luogo carico di valenze storiche e simboliche, ma non si caratterizza per una semplice esposizione di testimonianze: è, anzi, un percorso nel tempo e nel racconto di in un Paese, l’Italia, che diventa gradatamente realtà nazionale. Il visitatore è così coinvolto in un viaggio immersivo e realistico, è d’accordo?
Il visitatore davanti alle opere e ai vari cimeli, che ripercorrono in sequenza cronologica le tappe più salienti del nostro Risorgimento, può sicuramente immergersi negli ideali, nelle lotte e nella determinazione che hanno portato molti uomini, donne e bambini a combattere per la libertà.
Le stanze si distinguono per avere delle pareti di differenti colorazioni. Qual è la ragione?
L’allestimento è stato fatto nel 2011 in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. I colori aiutano i visitatori a cogliere meglio i diversi momenti storici, riconoscendo ai molteplici toni quella capacità di saper trasmettere anche emotivamente certe tappe (periodo napoleonico: blu; periodo della restaurazione/ritorno degli austrici: grigio/nero).
È uno spazio interessato da fonti diversificate ed è attraversato da suggestioni che entrano anche in un certo tipo di “quotidiano” risorgimentale. Ce ne può parlare?
Le suggestioni ispirate dalle opere qui presenti restituiscono ideali, lotte, speranze, valori, che immancabilmente trovano connessioni con ciò che è il nostro vivere oggi. Anzi, la visita in un museo storico ‘tira fuori’ (educa) proprio i sentimenti, i valori universali a cui l’umanità in qualche modo tende o dovrebbe tendere: verso ideali di uguaglianza, libertà, fratellanza, unione, democrazia.
La sua figura di Educatrice all’interno del museo traghetta, oltre alla storia ufficiale, anche quella ufficiosa, rimasta ai margini della vetrina pubblica. C’è un oggetto, magari “insospettabile”, di cui vuole parlarci perché gli è particolarmente affezionata?
Ce ne sono tanti. Dopo aver parlato di Mazzini, dei suoi ideali, delle pagine sempre vive che ha scritto seduto alla scrivania (in museo ne abbiamo una di quelle che ha avuto), mi piace soffermarmi sulla penna con cui scrisse Mazzini. Spesso è una sorpresa per adulti e ragazzi ricordarsi davanti ad una semplice piuma d’oca bianca e al suo calamaio (visibili dentro una vetrina del museo) quanto non fosse così immediata e semplice la scrittura.
Accogliete, per vocazione naturale, decine di scolaresche ogni anno. Quali impressioni ha raccolto, nel tempo, dai visi e dalle parole dei giovani studenti?
I ragazzi sono sempre sorprendenti, al di là dei cambiamenti generazionali. Immergerli in un museo storico potrebbe da fuori sembrare quasi anacronistico (per la loro modernità e per il loro essere ben radicati nel presente e non nel passato) e si potrebbe pensare che questo genere di museo sia solo un semplice ‘strumento’ scolastico, a supporto dei programmi scolastici. Invece, i ragazzi ti sorprendono, perché tanti di loro escono dal museo con una luce viva, che parla di ideali, di libertà, di curiosità verso ciò che altri hanno avuto il coraggio e la determinazione di fare. Noi cerchiamo attraverso le opere e i cimeli esposti nelle sale di trasmettere soprattutto la passione e i sogni di coloro che hanno vissuto e fatto il Risorgimento. Dentro le sale di questo nostro museo non è importante ricordare i fatti storici, ma sentirli.
In quanto “guida” e “camminatrice” del passato italiano, che idea si è fatta degli innumerevoli gradini che si dovettero percorrere prima di giungere a un disegno di identificazione nazionale? Ovvero: con quali aggettivi descriverebbe il processo unitario?
Il processo unitario è stato costellato di sogni, coraggio, volontà, determinazione e passione. Tanta passione per la libertà che non avevamo, innanzitutto. Il fascino sempre vivo del Risorgimento è dato dai suoi ideali e dai suoi valori, sempre eterni e ahimè fragili.