Milan
15 Nov, Friday
21° C
TOP

Spinelli | Teorie della comprensione profonda delle cose

Kafka immaginò Sancio Panza come uno scrittore, che liberava il suo demone raccontando, e ci giocava, inseguendolo, inventando per lui avventure e peripezie. Ma che cos’è l’invenzione di una peripezia, se non forse la ricerca o il bisogno di un senso? E chi sarebbe oggi Sancio Panza?
In questo romanzo scritto da Alfredo Palomba e pubblicato nel 2019 da Wojtek, Sancio è un blogger senza capelli, detto appunto Il Pelato, che cura una pagina intitolata proprio come il titolo del libro, un blog con l’intento di raccogliere tutto il peggio del web, la cronaca di tutto il male possibile e immaginabile. Secondo il protagonista, questo blog è…

 

…una specie di grottesca Wunderkammer in cui le cose semplicemente si accumulano. E l’intento di “Teorie della comprensione profonda delle cose”, in fondo, è sempre stato questo: mettere insieme, secondo il caso e il mio gusto, una serie di storielle, più o meno sensate, più o meno divertenti. Al contrario, cercare di dare forma al caos in base a uno schema mentale, tentando di fare ordine e di giustificare, l’ho sempre trovato un atto di insopportabile superbia e risibile ingenuità.

Può un personaggio essere talmente caustico da sbeffeggiare persino il proprio scrittore-creatore dinanzi ai lettori, tacciandolo di ingenuità? E può uno scrittore con le manie da cronachista mettersi allo specchio virtuale o alla tastiera, per fare a tratti da spalla e a tratti da antagonista ai propri demoni? Chi è l’autore e chi sono i personaggi in un romanzo in cui i piani, le voci si confondono di continuo e cambia repentinamente il ruolo di ognuno, da soggetto narrante a oggetto di narrazione?
Sancio dunque ha perso i capelli, si prende gioco del mondo dal suo blog, mentre ufficialmente fa carriera all’università e di tanto in tanto dà ripetizioni di italiano. Ha quattro diavoli da sguinzagliare, da raccontare, e chissà se alla fine riuscirà a riacciuffarli. Quello che più assomiglia a Don Chisciotte, qui si chiama Don Pagnotte di Paisón, un tossicodipendente completamente impazzito dal dolore o senso di colpa dopo la morte dei genitori, e che per un caso (psichedelico) del destino si imbatte nella lettura del capolavoro di Miguel de Cervantes, convincendosi dunque di voler diventare lui stesso cavaliere errante. Se ne andrà in giro lungo tutto il romanzo con uno scolapasta in testa, attaccato con la cordicella del Provolone Auricchio, e l’asta di un cartello stradale tenuta stretta al corpo con la cintura dei pantaloni, per finire gettato in un pozzo, in un punto buio dello spazio-tempo in cui improvvisamente ricorderà tutto. Tutto il male, tutto il bene conflagheranno nel libro, nella sua testa. Internet. Sarà Don Pagnotte stesso, inoltre, a chiedere di persona al pelato di diventare suo compagno d’avventure e narratore delle sue gesta.
Il secondo diavolo della storia si chiama Antonio Dattero, o Toni Date o ancora Tonix Datex, emblema di tutte le frustrazioni odierne e ansie da like e conferme. Ex compagno di università, Toni è quello che è rimasto indietro, che è rimasto fregato e che alimenta ogni giorno la propria invidia nei confronti del pelato e il fuoco della vendetta, tenendone sotto osservazione non solo il blog, ma anche il profilo facebook. Di tutta risposta anche Toni ha creato un blog, ma di poesie: BOHÉMERAVIGLIOSA, poesie straordinariamente brutte, quasi orripilanti, assolutamente impeccabili nella loro banalità, e che troveranno persino un editore. A pagamento.
Quand’è che collidono Don Pagnotte e il poeta del villaggio? In due momenti: quando l’hidalgo in trip entra in una libreria e viene folgorato dalla luce che emana il volume di Cervantes, mentre Antonio sta presentando alla famiglia venuta a vederlo la sua raccolta di poesie, intitolata PELATIDE. E poi una sera, quasi di notte, in un parcheggio in periferia, dove Antonio è andato pensando di incontrare un lettore-ammiratore che voleva un autografo, ma in realtà si tratta di un’imboscata.
Chi ha ideato l’imboscata? Il terzo demone: Max, il dodicenne a cui il pelato dà ripetizioni. Piccolo Einstein, che finge di sbagliare i temi per non attirare troppo l’attenzione, follower e ammiratore del blog TEORIE, Max è l’allievo che supererà presto il maestro, sia per conoscenze letterarie che dei media e persino delle scienze neuroplastiche, tanto che alla fine si ritroverà a dare consigli al suo istitutore e a spiegargli perché Toni si comporta in quel modo, sino a diventare proprio colui che decide la trama… Quando si presenta a Don Pagnotte – per convincerlo a incontrare Toni e accopparlo – Max dirà di chiamarsi Athanasius, come Athanasius Kircher, „il suo personaggio preferito“, un reverendo e studioso del 1600, che provò a mettere a sistema tutto il suo vasto sapere, cercando continuamente simbologie e legami, per provare appunto ad elaborare la sua personale teoria della comprensione profonda, ovvero il suo filtro della realtà in base a ciò che sapeva.
Parlare di demoni fa sempre venire in mente Dostoevskij, così come anche le figure paranoidi e i dialoghi sui massimi sistemi, le visioni del mondo. E Dostoevskij fa sempre venire in mente i fratelli Karamazov, che non erano tre, ma quattro. Il quarto, illegittimo fratello, fu l’esecutore materiale del delitto, in quel caso. In questo caso l’esecutore è il quarto diavolo, un uomo vuoto. Vuoto in senso pneumatologico, una figura schiacciata, pesantissima: un trentacinquenne che non si è mai diplomato, che vive alle spalle dei genitori, che va in palestra ad allenarsi, ma che non vuole essere toccato; un uomo per cui gli altri sono fantasmi, sono trasparenti.
La lingua, di capitolo in capitolo, rispecchia perfettamente le idee dei personaggi. La storia, o questo incrocio di storie, si svolge a Paesone, un comune nella valle del fiume Scafato, presso cui nei tempi antichi sorgeva anche una torre di controllo andata ormai distrutta, e di cui solo pochi conservano memoria. Ma che cos’è questo paesone se non il villaggio globale stesso, con tutto il suo provincialismo, da qualunque parte del globo? E che cos’è questa torre che non esiste più, se non l’illusione di poter forse difendere ancora qualcosa di noi stessi? Don Pagnotte verrà gettato in un pozzo e quando si risveglierà improvvisamente sarà guarito dalla sua follia e riuscirà per un momento a vedere tutto quanto con estrema lucidità, mentre Max sognerà proprio questa sua ultima peripezia e dirà:

 

È solo per esorcizzare la fine e il caos, per riempirli di significato, che umanizziamo la morte: creiamo strutture, sistematizzazioni, ci inventiamo le “peripezie”. Proviamo a imporre un ordine posticcio a una massa di disordine in espansione dalla densità infinita.

 

In questo libro non germinano solo le combinazioni di incontro-scontro fra i protagonisti, ma anche il piano su cui questi si posizionano, il loro sguardo, dentro o fuori il narrato, dinanzi al computer oppure nel monitor, per cui questo mettere a sistema altro non è che proprio il tentativo di scrivere il romanzo. Una teoria comprensiva del mondo dunque o il grande sforzo di immaginazione dello scrittore.
I nostri profili social invece sembrano quasi le nostre personali Wunderkammer, la letteratura che pensiamo di scrivere per uscire da noi stessi, o forse per sprofondarci dentro; ma presto non saranno più comunità virtuali, né letteratura fossile o abortita: semplicemente si trasformeranno in cimiteri reali, pubblici, senza confini. Raccoglieranno le nostre testimonianze, teologia dei ricordi, fingendo che siamo ancora vivi, eterni. Che abbiamo ancora una possibilità di essere perdonati, esattamente ciò che chiede, che desidera Don Pagnotte dal suo buco nero. Mentre le torri di controllo non esistono ormai da tempo: non abbiamo più nessuna possibilità di difesa al computer. Non possiamo più scegliere come filtrare la realtà, che senso darvi; piuttosto siamo noi ad essere continuamente filtrati, dallo schermo.
Siamo intrappolati, così, come in un romanzo che non è più il filo lineare dell’equilibrista, ma che è ormai come la rete, “un universo da indagare in maniera elastica”, in modo frattale, di palo in frasca, come scrive Alfredo Palomba. Lettori dell’opera aperta, imprigionati per sempre.

 


“TEORIE DELLA COMPRENSIONE PROFONDA DELLE COSE” di Alfredo Palomba | Ed. Wojtek | 2019

Foto di Chris Lawton

Post a Comment