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Anghilieri | Miti ancestrali lungo il fiume Lambro

Ci sono tradizioni popolari brianzole che hanno le loro radici in miti antichi e lontani. Miti ancestrali legati alla familiarità con la natura che, in una società come la nostra del fast, dell’istantaneo, del “tutto è subito”, rischiano di venire abbandonati, messi in disparte a causa di una distanza fisica dell’uomo dall’ambiente. Se questo divenisse realtà, sarebbero le nuove generazioni a subire un grave danno, in quanto private della possibilità di attingere alle loro radici culturali e naturali. I bambini di oggi, infatti, non vivono quasi più esperienze legate alla terra, ma sono soggetti ad un bombardamento di stimoli e influenze principalmente esito delle esigenze commerciali delle grandi aziende che hanno bisogno di creare una narrazione utile alla commercializzazione dei loro prodotti. Fortunatamente in territorio brianzolo questi miti della natura vengono tutelati. Si pensi alla Befana sul Lambro, per 35 anni teatralizzazione e sacralizzazione di un luogo. Quest’anno si è presa una pausa, ma i laboratori connessi all’evento promossi dal Comitato Cultura Alternativa di Carate Brianza, attivo dal 1976, non si sono spenti. E sempre sul Lambro, l’ultimo giovedì di gennaio, in numerosi centri – piccoli e grandi – della Brianza arriva la Giubiana, si fa un gran falò con il suo fantoccio per bruciare tutte le negatività dell’inverno e ci si prepara alla nuova stagione gustando il risotto alla monzese. La festa pare abbia origini antichissime, addirittura celtiche. Secondo il racconto popolare, la Giubiana era una vecchia strega, magra, con le gambe molto lunghe e le calze rosse. Viveva nei boschi e grazie alle sue lunghe gambe, non metteva mai piede a terra, ma si spostava di albero in albero. Così osservava tutti quelli che entravano nel bosco e li faceva spaventare, soprattutto i bambini. L’ultimo giovedì di gennaio, era solita andare alla ricerca di qualche bambino da mangiare. Ma finalmente ci fu una giovane mamma che, per proteggere il suo bambino, decise di tenderle una trappola. Preparò una gran pentola piena di risotto allo zafferano con la luganega, la classica salsiccia, e lo mise sul davanzale della finestra. Il profumo era delizioso, da far venire l’acquolina in bocca. La Giubiana sentì il buon odore e saltellò fuori dal bosco verso la pentola, e cominciò a mangiare, un po’ alla volta, tutto il contenuto dell’enorme pentolone di squisito risotto. La porzione era notevole, eppure era così buona, che la famelica Giubiana non si accorse del tempo che passava. Non si accorse che il sole, che uccide le streghe, stava ormai per sorgere.

Quando la Giubiana finì tutto il risotto, il primo raggio di sole era ormai spuntato: la Giubiana fu così polverizzata dalla luce del sole e da quel giorno tutti i bambini furono salvi. Fu così che per ricordare quella vicenda a fine gennaio si prepara il risotto con la luganega e si brucia in diversi paesi brianzoli il fantoccio con le sembianze della vecchia strega.

Celebrare ancora oggi la Giubiana rappresenta un tentativo di tutelare il diritto dei bambini al mito. Il diritto ad avere paura di entità misteriose e a rielaborare lo spavento in una confidenza che le possa superare. Il diritto quindi ad imparare l’importanza di relazionarsi in modo positivo con i timori in cui ci si può imbattere nell’età adulta. Se pensiamo alle fiabe terrificanti raccolte dai fratelli Grimm, in cui spesso dei bambini incontrano degli esseri spaventosi e imparano a superare le loro paure e liberarsene, diventando in questo modo degli adulti equilibrati, comprendiamo quanto le fiabe possano rivelarsi importanti, addirittura fondamentali come rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta. Nel mondo moderno, tuttavia, le fiabe spesso non fanno più paura, perchè rispondono non al criterio della crescita affettiva-spirituale del bambino, ma unicamente a quello di creare una familiarità necessaria a indirizzare scelte di acquisto. Vivere l’esperienza del falò della Giubiana, al contrario, ha come finalità quella di riavvicinare i bambini al mondo della natura non solo dal punto di vista scientifico- naturalistico, ma in particolare da quello culturale e percettivo, attraverso la tutela del diritto del fanciullo ad un immaginario più poetico, legato ai piccoli e grandi miti locali. Il contatto visivo con tali esseri mostruosi crea un rapporto di familiarità necessario al superamento delle paure. Ed è ancora più impattante il fatto che tali rievocazioni avvengano a tarda sera, in un freddo giovedì di gennaio, nell’ambiente naturale, creando un legame importante tra i luoghi e i bambini, attraverso una educazione di tipo emozionale-percettivo che aiuta il bambino di oggi a diventare l’adulto rispettoso dell’ambiente di domani. La Brianza, dunque, con i suoi miti primordiali ci ricorda che questo territorio non è solo simbolo di industrializzazione, di lavoro duro, cemento, fabbriche e capannoni. L’ambiente della Brianza rimane un tesoro custodito e conosciuto dagli abitanti, affezionati al suo fascino e al suo mistero. La Valle del Lambro ci offre i suoi scorci ricchi di storia, vero e proprio patrimonio umano di vicende personali e collettive. Le famiglie, le ville storiche, le aziende e le realtà artigiane vanno a comporre il grande acquarello umano e culturale della Valle, dove scorre il fiume Lambro che ancora oggi incanta e lega le genti al proprio territorio. Tra tradizione e innovazione la Brianza vede il ritorno di antichi valori e mestieri che si sposano perfettamente con le nuove tendenze volte alla riqualificazione, al rispetto e alla sostenibilità di ambiente e territorio, mantenendo la sua identità industriosa e innovativa. Attraverso la rievocazione di antichi miti come la Befana sul Lambro e la Giubiana, volti alla ri-poeticizzazione del territorio, è giusto valorizzare gli aspetti più affascinanti e poetici di una Brianza che ha ancora molto da raccontare e che crede nell’educazione al legame affettivo con la propria terra come risorsa necessaria allo sviluppo umano e ambientale.

 


Foto di Joshua Newton

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