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Patregnani | Un quaderno proibito

Un percorso interiore di poche ore ha portato alla luce queste poesie; un breve viaggio nell’interminabile ignoto dell’essere figli. Si nasce figli, da figli si conclude la propria esistenza. Un rigagnolo di versi che accompagnano le immagini pervase di tensione dall’infanzia alla giovinezza, per culminare nel lago della maternità. Queste poesie riflettono un’esperienza estremamente personale e portano a galla in pochi tratti un percorso di sofferenze salvifiche, di lenta accettazione, di scontri e di incontri. Non potranno mai essere esaustive, poiché sono solo scorci e miraggi, ricordi e fantasie di epoche sognanti e di momenti perpetui.

*

L’infanzia è un quaderno
proibito, un diario sottratto
agli occhi intrigati, al morbo
del sapere.
Non detta, passa, avanza,
tra tentativi disastrosi
di dar prova di un’amore che ha
il suo baricentro nello spazio
siderale. Nel procedere
soffoca piano ogni irragionevole
slancio, calma
gli animi, placa l’avventura.
Ed è così che le nostre vene
maturano lentamente,
scacciando sempre più in là
l’innocente ondeggiare
del tarassaco nel prato.

*

Prende coscienza il corpo
di luce itterica
espulsa dalla foga di crescere
che senza fine appare
perché senza limite è il palmo
nel quale ci muoviamo.
Perpetuiamo in un utero
privo di confini
e dunque di spazio
il nostro avanzare senza maturare.
Attirati, evochiamo lo sguardo
in una dimensione ulteriore,
scoperta, un sentiero battuto
da generazioni arcane,
mentre cerchiamo di cancellarne
il concetto con motti
rivoluzionari, rigurgiti di timore.
Le finestre giacciono spalancate
sull’abisso, escluse.
Non ci affacciamo, noi siamo stanze.

*

Almeno tu, rosa, che non sfiorisci
sfiorendo
che mantieni intatta
la tua essenza di lacrime
versata in un principio
senza fine.
La stilla del tuo piacere immenso
scende ai lati del cammino
e nutre la piaga vitale,
organica pazienza, linfa d’amore.
Ti fai spazio, rosa, allargando
le tue orbite, dilatando fino a corromperlo
il margine circadiano, colmandoti
d’attesa, sollevando ogni chiusa.
Ti fai nucleo e rifugio,
fiume dentro cui scorrere,
antro dove pregare,
suono incontenibile
nelle geografie primordiali.
Almeno tu, rosa, culla
di rugiada e di mistero,
che rimani sacra sfiorendo.

 


Photo by Amaury Gutierrez

 

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