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Calvino | I segreti nella scienza

Nel vocabolario della Treccani la definizione di Scienza recita: “Il fatto di sapere, di conoscere qualche cosa; notizia, conoscenza”. Scienza come conoscenza e notizia, cioè racconto a più persone possibili, divulgazione. Nel metodo scientifico vi è la diffusione della teoria, dell’osservazione, del fatto conosciuto. Nell’accezione moderna di scienza si tende a raccontare e diffondere le informazioni: il più possibile.
Come può essere allora che nella Scienza vi siano stati segreti, alcuni dei quali molto imbarazzanti?
Partiamo dalla storia profonda.
Nell’antico Egitto, ma anche con i Sumeri, la conoscenza era appannaggio degli scribi e delle classi sacerdotali. Anche nel popolo ebraico la conoscenza era strettamente legata a gruppi sociali specifici. Nell’antica Grecia, la conoscenza sembrava potesse diffondersi grazie all’idea di democrazia, che viene definita così dal vocabolario Treccani: “forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi”. Istituti politici capaci di assistere alla diffusione della conoscenza attraverso scuole che, almeno potenzialmente, potrebbero essere frequentate da tutti.
Sappiamo bene quanto la diffusione dell’istruzione per tutti sia un fatto recente e che in Italia, fino a pochi decenni fa, molti non progredivano, fermando il ciclo di studi alla quinta elementare. L’istruzione e la conoscenza, per migliaia di anni, sono state appannaggio delle classi abbienti oppure, nel mondo cattolico, di chi andava in seminario o seguiva una vocazione religiosa. Quindi la conoscenza è rimasta piena di segreti.
Sono sicuro che, a questo punto, i lettori si stiano chiedendo: dove vuole arrivare? Vogliamo il gossip.
Quando Darwin pubblicò la sua teoria sull’origine delle specie – e ancor di più sull’origine dell’uomo – suscitò uno scalpore enorme, come ben immaginava. L’idea che tutti i viventi fossero imparentati fra loro, ad esempio vermi e scimmie o addirittura scimmie e uomini, ha portato alle derisione pubblica dell’autore. Fin qui nulla di nuovo, ma pur di ottenere fama e gloria ci si è spinti ben oltre il lecito, fino ad architettare una vera e propria truffa.
Nel 1912 l’inglese Charles Dawson dichiarò di aver ritrovato i resti di un ominide sconosciuto a cui diede il proprio nome (Eoanthropus dawsoni), in una cava di ghiaia a Piltdown nel Sussex orientale, in Inghilterra. Da subito il ritrovamento fece discutere per l’apparente incongruenza fra cranio e mandibola. L’inganno venne definitivamente sconfessato nel 1953, grazie a tecniche di datazione avanzate che misero in evidenza come il cranio fosse di un ominide antico e la mandibola di un orango moderno.
L’Archaeopteryx è un dinosauro piumato, scoperto nei calcari di Langenaltheim in Baviera nel 1861 dal paleontologo tedesco Christian Erich Hermann von Meyer, che trovò e descrisse una prima piuma fossile. In totale furono trovati dodici esemplari quasi completi. La cosa strana, ma non troppo, è che i primi esemplari furono trovati da contadini nei propri campi e furono venduti in cambio di prestazioni mediche, di una mucca, o altro e che, quasi fortuitamente, giunsero infine in un museo. I casi curiosi della scienza.
La chimica moderna si fa ascrivere alla seconda metà del XVIII secolo grazie ad Antoine- Laurent Lavoisier, chimico francese che descrisse metodologie e ne enunciò le prime leggi. La chimica fu preceduta dall’alchimia che può essere considerata il suo antenato. Gli alchimisti lavorarono in gran segreto. Le loro conoscenze affondano le radici almeno nell’Antico Egitto (non sembra un caso che sia Mosè che Gesù di Nazareth abbiano trascorso parte della loro vita all’ombra delle piramidi).

Conducevano spesso una vita riservata e facevano parte di sette segrete. Grazie ai loro studi gli alchimisti erano riusciti a svelare numerosi comportamenti della materia, ma la loro ricerca principale era mirata alla costruzione della “pietra filosofale”, grazie alla quale speravano di guadagnare la vita eterna.

Nel medioevo dovettero nascondersi e lavorare ancor più in segreto, a causa delle persecuzioni religiose e del pericolo di essere accusati di stregoneria e bruciati sul rogo. Anche la chimica moderna, però, mantiene segrete molte delle sue ricerche. Gli studi sulla materia sono costosi, il lavoro è svolto in gruppi di ricerca anche numerosi, le scoperte possono procurare guadagni colossali. Da qui sorge la necessità di mantenere il segreto fino alla registrazione del brevetto, per evitare che la concorrenza possa impossessarsi del duro lavoro di altri e farlo proprio. Lo spionaggio industriale viene portato avanti con tecnologie avanzate e le spie, in questo campo, sono numerose.
La lingua principale della scienza è attualmente l’inglese, ma fino a poco tempo fa era il latino, sebbene in molti casi sia stato utilizzato anche il greco.
Nell’immaginario comune la figura dello scienziato assomiglia ad un simpatico vecchietto, simile ad Einstein, con i capelli spettinati e un camice bianco, intento a “giocare” con la materia. Nei secoli scorsi, XVIII e XIX in particolare, gli scienziati vagavano spesso per il mondo come medici su navi da guerra e mercantili, i grandi velieri dalle vele bianche, armati con numerosi cannoni. Il loro compito principale era la cura dei marinai e dei soldati. Molti di loro si misero a studiare la natura, osservando, disegnando e descrivendo nei minimi dettagli gli animali e le piante che incontravano nel loro peregrinare. Le descrizioni venivano trascritte in latino per poter divulgare anche a scienziati di un’altra nazione le varie scoperte (la scienza, spesso, cerca di abbattere le barriere). Molti di questi scienziati, però, erano anche dediti allo spionaggio, si mascheravano, si intrufolavano di nascosto e cercavano di scoprire quante armi avessero i nemici, dove le tenessero e tutto quello che poteva essere utile in tempo di guerra, per danneggiare l’avversario.
Concludo questa lunga trattazione con la nascita del primo computer “moderno”. Nella Seconda Guerra Mondiale i tedeschi comunicavano fra loro grazie ad un codice cifrato speciale, che gli Inglesi non riuscivano a decifrare in nessun modo: il codice Enigma. Il governo inglese indisse quindi un concorso e reclutò un gruppo di scienziati e esperti in enigmistica, per trovare una soluzione a questo enorme problema. Il gruppo venne alla fine guidato da Alan Turing, un genio di ventotto anni, che elaborò un macchinario pieno di rotori e ingranaggi, simile nel funzionamento ad un computer, che permetteva di calcolare tutte le possibili interpretazioni di messaggi intercettati. Grazie a questo marchingegno soprannominato “The Bomb” (la bomba), gli Alleati ebbero un grosso vantaggio sui nazisti e iniziarono a ribaltare le sorti del conflitto.

 


Foto di Diego Allen

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