Curci | Tempi Sovrapposti
DI ALCUNI MOTIVI POSTUMI
C’era dell’altro, cellule stellate che vagavano
nel blu di metilene, cose pensate
per un tempo che non è questo. e numeri
quantici, fotosfere, superammassi galattici.
c’era anche una punta di lancia nel costato
venga pure il tempo dei rovelli e dei malocchi
delle fionde e delle croci, ma ora sono qui
nel presto musicale di questi alberi e queste
case che guardo come fossero tubazioni
incrostate, ascolto il cigolio di una carriola
spinta da un idiota e mi sento in debito
per ogni pattume, per ogni scintilla di senso
so che vuol dire essere un teppista.
ma non ho comandi, consigli o suppliche
non mi piego al modo imperativo.
l’allegoria, in questi casi, è giustificata
dalla cospirazione dei giorni veloci
***
TEMPI SOVRAPPOSTI
nella grande pancia della balena
ho aspettato il momento buono
per tornare con le mie invisibili ricchezze.
io sono il primo a sinistra
quello con la testa girata
che guarda fuori dalla scena.
e questi sono i miei figli chiassosi e fragili,
deduzioni dell’intero, dogmi.
li lascio fare ‒ sono più paziente di quanto
pensassi – appendo al cavicchio la giacca
e aspetto
come auspici d’alfabeto
come sassi sbiancati dalla pioggia
le vecchie pantomime degli eccentrici
ruotano intorno al sole
ma sui boschi c’è ancora nebbia.
a queste latitudini
le notti cadono sugli orti
con lumi freddi e vapori bluastri, le lingue
di fuoco odorano di carbonella
e i fatalisti hanno sorrisi di scimmia
che dispensano senza riserva.
devo forse ricordarlo io
che l’amore dei padri si capisce
dopo, quando il cielo impalma la terra?
***
NON ERO SOLO AD ESSERE SOLO
le domeniche sere guardavo sugli usci
tutte quelle angeline e antoniette
vestite di nero che piangevano a vanvera.
mi sentivo un treno che ferma in tutte le stazioni
avevo nutrito l’attesa pensando al futuro come
un grande noce davanti alla casa, e mi ero portato
un libro per cercarti, magari in un’isola segreta,
in una grotta oscura bagnata dal mare
era tutto così contrastato che il barbiere
zecchinetto, sobbalzando nell’orto dei nascenti
dove la parte cieca sanguinava sui miei fogli
quadrettati, smise di giocare
la vita mentale del testo era di così breve durata
che mia madre aveva un’altra – più velata – voce.
il moltiplicarsi delle strade
imponeva suoni stolti e sfacciati
***
MANOVRE DEL POESISTA
è carità di patria raffigurare la quiete
come un senso gravido di conseguenze.
io saprei come fare – conosco i segreti
del mestiere – ma che fine farebbero
i cappotti ammucchiati per terra
e le partite che duravano ore?
ciò che vivrà sarà un avverarsi, avrà
un suggello di profondità – i mezzadri
della solfa e i negati all’arte
si sentiranno stranieri ovunque
***
UCCELLI DA CORTILE
ai compleanni si spillava la botte buona
era il nostro modo di volersi bene.
il nonno che era sordo fingeva di ascoltare
e non faceva domande, trascorreva ore
in silenzio a guardare
il mondo inanimato degli oggetti
e le cose mortali
oppure, nella pace meridiana,
misurava i campi con i suoi respiri.
serrone montedoro fongio lezzi
le contrade contratte nell’impiombatura
del suo vecchio cuore, dove forse
questo l’aveva già visto domani
***
CELICOLI SFRATTATI
sono abituati alle cose come sembrano
la bellezza non tracima, non li scuote
è soltanto un nome.
questo cambia forse qualcosa? no…
per noi celicoli sfrattati
l’infondatezza è imperdonabile.
ci commiseriamo, ci vien da piangere
anche in assenza di dolori.
ma non c’è nulla di eterno in noi
nulla che duri. siamo impauriti e muti
come feti che stanno per nascere
***
SALVATORE SCIARRINO: “CANZONA DI RINGRAZIAMENTO” PER FLAUTO (1985)
potremmo tracciare le linee del collo
e sarebbe lo stesso imbarazzo che provo
con chi altro da me si aspetta.
nella traversata la barba e i capelli
crescono due centimetri al giorno.
gli oggetti fuori posto e la cascaggine
mi impediscono il ritorno.
pure questa luce caravaggesca…
non riconosco i luoghi, è tutto così diverso.
guardate l’aratura irregolare dei fogli
le stazioni e i fiori di gelsomino
che collidono col mondo.
non vince mai nessuno, e sei costretto
a ricominciare daccapo guardando, come
sempre hai fatto, a chi non ha nient’altro
che il suo respiro
ma rovesciamo il ragionamento
e dotiamoci di coraggio.
la realtà non corrisponde a niente
Featured Painting by Valentin de Boulogne | Concert (c. 1615) | Indianapolis Museum of Art | 119.4 x 158.7 cm