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Gullotta | Infatti viveva vestita di piume

Un tempo, noi figli di madri/padri bellissimi e atletici, intelligenti e imperturbabili, noi piccoli agglomerati di ormoni della crescita, di ghiandole sebacee, noi pieni di capelli e peli delle sopracciglia, noi costantemente sottoposti all’umiliazione del confronto generazionale, noi siamo stati tutti sacerdoti del culto dei nostri Genitori.
Quando mi chiedevano da piccola se mio padre fosse mio padre, io rispondevo “no, è mio fratello, mio fratello maggiore”. Mio padre aveva 50 anni e sembrava un bambino, anzi un bambolotto. Roseo, con zigomi tondissimi, geneticamente quasi privo di barba, la pelle elastica e morbida da far invidia a Baby Mia; era tranquillo, giocherellone, curioso. Come potevo considerarlo un adulto se persino un ragazzino delle Medie mi sembrava più vecchio di lui?
Mia madre invece era una Vera Adulta, una a cui portare rispetto. Bellissima, altera, il corpo scattante e nervoso come un felino, lunghi capelli castano chiaro striati di biondo. Colta, considerata molto intelligente, le signore per strada guardavano come era vestita e le sue unghie erano sempre impeccabili.
Poi accade che un giorno tuo padre tradisce tua madre o viceversa, che tuo padre o tua madre commettono palesi ingiustizie, che urlano, picchiano, bevono, si drogano, scappano o semplicemente crollato il vetro scintillante delle loro ambizioni, si rivelano nella propria aridità, e la loro luce si fulmina o esplode in un incendio con numero variabile di morti e feriti.

(Dal libro “Why do you call me bad” edito da Delta3, collana Aeclanum):

Ora mi piacciono scivoli, altalene, il leoncino a molla l’estate è un disastro per chi è stato educato il caldo invita allo scontro allontana ogni colpa il caldo non dovetti leggere per fortuna i messaggi alle pseudo amiche ai mariti ai figli sostitutivi ma solo perché alcuni la toccarono la invitarono a cena i n f a t t i viveva vestita di piume non avrò mai l’onore di andarci andavo per accompagnare non vedere tremendo volevo la non-lucidità mi fu assegnata una razionalità in carne e ossa brutta da far paura ascesso della vita O dove si decomponeva in realtà era sufficiente sognante e austera no assolutamente cupa e filiforme no sintomo di fiamma candore inaccessibile “hai guance soffici” e ha scavato un buco profondissimo per me vedo che ritornerà per me mi riporterà tutto, “grazie” le dirò con occhi duri, meglio vederla in faccia ma è pretenziosa trascina oggetti nel mio riposo non vuole vedermi riposare, “ho tanto faticato”, vuole che sia una giostra colorata piena di bambini urlanti non basta, ha una vestaglia corta il metro è sempre lo stesso in qualsiasi tempo o questo -aspettiamo

 


Foto di Daiga Ellaby

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