Anghilieri | Enter
Basta un semplice clic. Pochi istanti di attesa. E un tasto, posizionato a destra delle lettere sulla tastiera di un comune pc, con la forma particolare di L rovesciata, è in grado di aprire infinite possibilità. La sua funzione è cambiata radicalmente nel corso del tempo. Con l’avvento delle prime macchine dattilografiche, era solo un’interfaccia che indicava di eseguire i comandi inseriti nella riga corrente o, in un editor di testo, immetteva un codice di ritorno a capo. Poi, man mano che la tecnologia informatica si è evoluta, ha permesso di eseguire un’operazione fondamentale di conferma e di condivisione. Enter, Return, Immiss o più comunemente Invio. E, di colpo, le quattro pareti che circondano la propria postazione pc non sono più così chiuse, delimitate ed ermetiche. Come un recinto dal quale non si può scappare o un muro invalicabile che mai si potrà scavalcare. Il tasto invio – da semplice interlinea – è diventato uno strumento potente, capace di condizionare relazioni, aprire opportunità o chiudere definitivamente una trattativa, in pochissimo tempo, anche se la distanza con l’interlocutore è ragguardevole. Così il mondo reale si proietta in una dimensione virtuale in cui le barriere spazio-temporali sono abbattute: il locale diventa globale, il lontano si fa vicino, la conoscenza si amplia e l’informazione viene accresciuta.
I vantaggi? Naturalmente molteplici, dato che immense sono le potenzialità del digitale. Si va da una semplice conferma per fissare un appuntamento all’acquisto di un bene, fino alla possibilità di usufruire delle infinite informazioni che il web offre, ampliando il sapere e scoprendo “mondi” nuovi. A giovarne sono soprattutto l’educazione, l’arte e la cultura in generale: con un clic si scopre un’opera d’arte, con un clic si legge un libro o si avvia una lezione online, con un clic si accede a straordinarie banche dati – spesso disponibili per tutti – per fare ricerche di ogni tipo, con un clic ci si apre all’esplorazione di un territorio fino a poco prima sconosciuto. Lo sanno bene in Brianza, a Brugherio, dove nel 2018 è nato il Mic, il Museo in Comune, il primo museo virtuale della Brianza. Opere disponibili online e la collezione degli artisti cittadini pronta da ammirare ovunque ci si trovi. Così da uno sperduto paesino australiano o sudcoreano, si possono contemplare le bellezze brianzole. E magari permettere a chi si è trasferito all’altro capo del mondo di mantenere vive le radici con la propria terra nativa, visitando in modo interattivo la collezione comunale o esplorando le mostre, documentate o ricostruite in 3D. Si tratta di un’interessante iniziativa d’innovazione tecnologico-digitale, applicata alla valorizzazione dei beni culturali, che consente di effettuare un vero e proprio virtual tour nelle numerose sale della ricca collezione, stando comodamente seduti davanti al pc. Una grande operazione, se si tiene conto del fatto che l’importanza dell’accessibilità via web delle informazioni è dimostrata, in ambito artistico, dalla sempre crescente esigenza delle grandi e piccole strutture museali di dotarsi non solo di un portale con tutte le informazioni e i servizi offerti, ma anche di una sezione che permetta la visita virtuale della collezione. Dal Louvre all’Hermitage, dal MoMA alla Tate Gallery fino all’esperienza italiana degli Uffizi, ogni museo di rilievo nazionale e internazionale garantisce oggi ai suoi fruitori di ammirare le sue opere da ogni angolo del mondo e in qualsiasi momento, consentendo il massimo della visibilità alle sue collezioni e raggiungendo un’utenza estremamente vasta e diversificata secondo l’idea del museo diffuso.
Nell’epoca dell’informatizzazione globale, del resto, la possibilità di accedere in rete ad ogni tipo di informazione è una condizione sine qua non di modernità e sensibilità ai cambiamenti culturali e sociali. Internet si rivela un’occasione tanto più importante per le piccole realtà collezionistiche ed espositive che possono quindi ambire ad ampliare notevolmente la loro notorietà e il loro pubblico. Un altro esempio brianzolo, nato qualche anno fa, è il Museo digitale di Nova Milanese: un archivio virtuale, visibile online, delle opere d’arte che formano parte del patrimonio artistico culturale del territorio della Brianza, in particolare del Comune di Nova. La cultura ne beneficia. La conoscenza del territorio locale pure.
Naturalmente da questo cambiamento epocale, l’economia trae benefici ancora più ampi. Nel 2015 è stata creata Brianza Design District, piattaforma digitale in cui tutti gli elementi del “saper fare” sono declinati e raccontati. Un portale con il Grand Tour dei luoghi della produzione, tra innovazione e tradizione. Una modalità innovativa per iniziare a definire un più ampio progetto di place branding, capace di generare nuovi stimoli per l’attrattività territoriale sia per le imprese che per gli investitori internazionali. Promuovendo al tempo stesso una nuova forma di turismo esperienziale, dove, insieme alle classiche mete turistiche, trovino posto e specificità le fabbriche, i laboratori e le botteghe, che sono il cuore pulsante del saper fare brianzolo. Sotto le insegne del #brianzadesigndistrict si raccolgono oltre 180 aziende (dai piccoli artigiani ai grandi gruppi industriali) che hanno fatto grande questa terra e che ancora oggi hanno molto da dire, da raccontare, ma soprattutto da fare.
Con un semplice clic su “Enter”, infine, anche il sociale non viene trascurato: sempre facendo riferimento alla realtà brianzola, è stata sviluppata qualche anno fa Isidora, una piattaforma digitale della Cooperativa La Meridiana di Monza, che aiuta gli anziani a domicilio (ma non solo) a mantenere le relazioni coi loro cari, fruire di contenuti pensati appositamente per loro, avvicinandoli alla rete dei servizi presente sul territorio.
Non possiamo non considerare, infatti, che ritrovare il contatto con l’esterno è stato fondamentale, dopo la pandemia, per ogni tipo di relazione: amicizia, lavoro e interessi personali si sono ampliati, accedendo al web tramite un solo e semplice pulsante. Quindi si è innescata repentinamente la transazione verso la digital literacy, l’alfabetizzazione digitale: se inizialmente le persone si sono misurate con le tecnologie per necessità, poiché nella rete tutti abbiamo ritrovato il contatto con l’esterno, successivamente si è generato un cambiamento enorme di paradigma nel nostro stile di vita. E il genio, quando è uscito dalla lampada, non vi fa più ritorno.
Tuttavia occorre prestare attenzione. Le opportunità di digitare “Enter” non sempre, e non solo, appaiono positive. Basta un clic anche per ferire, insultare, denigrare. Basta un clic per mettersi nei guai. Basta un clic per rovinare definitivamente un’amicizia o rapporti intessuti da tempo. Senza dimenticare che rappresenta un modo irrevocabile per sentenziare e prendere posizione. Il tasto “Enter” potrebbe essere paragonato al ciak dell’azione nel mondo cinematografico, se non fosse che una scena si può sempre rifare, mentre un messaggio sotto forma di e-mail, sms o whatsapp o un video postato in rete, quando sono innescati si possono sì cancellare, ma mai bloccare in via definitiva. Un clic può essere un pugno o una carezza, far partire un like o un insulto gratuito, può far nascere un sorriso oppure ferire profondamente una persona e metterla sotto un assedio di critiche e cattiverie.
Deve diventare una buona norma per tutti, dunque, dedicare sempre almeno qualche secondo in più prima di premere “Enter”, soprattutto quando si inviano e-mail o messaggi. Si eviterebbe così di incappare in un contraddittorio verbale, oltre che comunicare contenuti, di cui poi ci si potrebbe pentire, generando incomprensioni e distanze incolmabili. Prendere tempo, prima di digitare il tasto “Enter”, non è sinonimo di inefficienza o inerzia, ma agevola la riflessione, diminuisce l’impulsività e l’obiettività, permette di raccogliere dati e informazioni, per fornire risposte esaustive, senza dar adito ad equivoci di interpretazione.
Basta un semplice clic. “Enter”. E un intero mondo si spalanca davanti ai nostri occhi. Tocca ad ognuno di noi fare in modo che l’opportunità non si tramuti in una trappola.
Foto di Philipp Katzenberger