Anghilieri | Resistenza
Irene ci racconta tutto con dovizia di particolari “scrupolosamente vagliati attraverso il filtro di ineccepibili testimonianze”, facendo commuovere fino alle lacrime il lettore e permettendo di intuire solo in parte la grandezza della sua azione, discreta ma provvidenziale, tra i partigiani. Una penna delicata e incisiva al tempo stesso, specialmente nei passaggi del testo in cui descrivi gli eroici sacrifici di tanti giovani brianzoli disposti al martirio, pur di cacciare il nemico dalla propria terra. Riferendosi a Puecher, scrive: “Il ragazzo ventenne, nel pieno fulgore della prestanza fisica, non è già più che una pura forza spirituale; l’ultimo suo atto è d’amore, le ultime sue parole riecheggiano gli accenti della misericordia divina. Leva le braccia, che tanto amore saprebbero donare sulla terra, nella stretta d’addio: non al padre, ai fratelli, alle persone care, ma a coloro che tra un attimo punteranno le armi contro lui inerme; coloro che adesso tremano nell’imminenza del crimine da consumare, mentre non trema lui che li incuora e bacia. Poi, nella luce bianca dei fari s’incide e ingrandisce l’ombra del condannato che s’avvicina al muro. […] Perché la via di Giancarlo (Puecher, ndr) è quella della luce ed essi sono nell’ombra, quella dell’amore ed essi sono nell’odio, quella della Patria che li maledice da tutte le sue ferite mentre stende le braccia ai figli santi che ancora sanno incoronarla di gloria”. E ancora, mettendo in evidenza il carattere di Puecher e delle tre vedette: “Giancarlo, Guerino, Carletto e Livio: uno studente, un salumiere, un muratore, un impiegato. Quattro posizioni sociali: felice rappresentanza di tutto il popolo nella comunione dell’eroismo. Quattro tempre diverse: al pensoso ardore dell’uno contrapposto all’istintivo slancio dell’altro, all’impulso spavaldo la calma fermezza, al coltivato pensiero la candida semplicità”.
Ma è nelle pagine drammatiche del resoconto delle notti e delle giornate di passione, delle azioni eroiche dei partigiani, dei pericoli scampati e delle rappresaglie violente che Irene riesce a descrivere in modo oggettivo l’accaduto, facendo trepidare il lettore che resta affascinato dalle sue parole così genuinamente piene di ardore patriottico.
La dedica del comando a Irene Crippa posto in calce al testo parla chiaro di come la sua opera fu determinante nel ricordo, in particolare tra chi aveva combattuto in prima linea per la libertà: “Alla madrina del nostro gagliardetto, che, con amore e passione di partigiana, ha voluto e saputo raccogliere e narrare gli episodi della cospirazione e delle gloriose giornate della Resistenza, esaltando il sacrificio dei nostri puri eroi, va il ringraziamento e la riconoscenza di tutti i patrioti della Divisione Puecher”. Una donna pronta a sacrificarsi fin da quando nel Ventennio (era nata nel 1908) preferì vivere di stenti, rinunciando al suo lavoro di scrittrice, piuttosto che prendere la tessera fascista. E, dopo la guerra, la malattia e le difficoltà non mancarono, ma lei non ne fu piegata: dava ripetizioni di lingue (ne conosceva tre) ai giovani facoltosi della zona e scriveva per qualche periodico del tempo, troppo poco per garantirsi una vita almeno dignitosa. Tuttavia non chiese mai elemosine sino al tragico epilogo della sua parabola umana: nel 1959, ammalatasi di broncopolmonite, optò per una vita ritirata fino a spegnersi lentamente il 5 Febbraio 1960, facendo conservare nella memoria dei pochi, che la assistevano e che erano ammessi nella sua casa, il ricordo di una donna semplice dai modi fini e signorili, mai avvezza a mostrare pubblicamente e con ostentazione le sue raffinate doti intellettuali. Fu l’Amministrazione comunale, in mancanza di eredi, a occuparsi delle esequie e della sepoltura. Della semplice lapide oggi non c’è più traccia nel cimitero di Renate, ma una targa più recente del 2000, collocata all’ingresso del camposanto, ricorda il suo impegno nella lotta partigiana. Il testo di Irene Crippa è stato pubblicato nuovamente nel 1999, a distanza di 55 anni dalla prima edizione, a cura di Domenico Flavio Ronzoni col titolo Una pagina della Resistenza in Brianza (Bellavite editore). Un impegno promosso dall’ANPI della Provincia di Lecco “per non dimenticare e non voler lasciar dimenticare”, perché il ricordo della Resistenza rappresenta un’occasione di conoscenza e un patrimonio specialmente per le giovani generazioni che necessitano di sapere da quali aberrazioni di idee e princìpi siano scaturiti odio, distruzione e morte, ma anche e soprattutto da quale recuperata fedeltà ai valori di giustizia, libertà e pace sia derivato il nostro presente di democrazia; un ideale da preservare e tutelare per il futuro della nostra civiltà.