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Camurri | Una lingua che separa

I

Lo scatto della foto
conferma la visione:
è l’arco naturale,
e i tuoi passi nella neve
trattengono l’oro
delle foglie dell’estate.

II

È vero,
cammini e non voli,
e il tuo viso
è fatto di terra

ma è il cielo
che reggi sulle spalle,
e i giovani colori
nascondono biancori.

III

Ignori il predominio
delle nuvole in preghiera:
è una schiera invisibile,
e io non ho voce
per distendere il mio canto.

IV

L’ombra che cerco
è l’anima degli alberi,
l’anfratto del tuo seno,
la calma dei tuoi passi.

V

Dove sono i gialli di Rothko,
la tua pelle pennellata
dal sole del frumento,
con il cielo della fede
nel giorno del giudizio.

VI

Sì, era un’attesa,
affacciata
sull’ultimo burrone

es tut mir leid,
ma lo spazio dell’azzurro
non è una sofferenza:
il cammino è stato aspro,
trasportato dalle vele.

(La poesia è una lingua che separa, Festuca Edizioni)



VII

Il maglione ti ripara
dagli spifferi di luce,
col colore delle foglie
che accartocciano l’estate.

Eri nuda nel sorriso
in un giorno claudicante,
e quest’aria mi prepara
ora e sempre al tuo sbarco.

VIII

La pianura illuminata
non ha scorie nel suo antro,
e la storia delle cure
si propaga nel tuo oggi,
con la voce a ritroso,
con progressi nella valle.

IX

Se si arena la fiducia
nelle fibre del mio dire,
e tu oscilli, oscilli
tra il rogito del vento
e la luce più fugace,
cosa resta di un momento
che trasmette nella rete…

X

Geografia del dolore inanellato,
immenso golfo dove ormeggiano
navi cariche di viveri e destino,
accogli nelle maglie della rete
questo sciame che porta la corrente…

XI

Non so niente di ormeggi
di boline e di sartiame
e all’angolo del porto
nell’ombra del cortile
mi chiedo se il momento
appartenga alla sete…

XII

Com’era fertile quel sole
che il grano biondo arroventava:
camminavo sull’asfalto del piazzale
elencando le promesse del frutteto.

XIII

È mia la tua caviglia
al bivio della sete,
la polpa della pesca,
il senso del mattino.

(Profezia, opera inedita 2011/2014)



Featured Image by Darya Kraplak

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