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Finucci | La prima notte al mondo

Sono uscito dalla stanza, ho contato
i gradini. Nove.
Che attesa snervante farlo dopo
tanto tempo e notare che il grigio
si è diffuso anche per le strade.

-Tutti morti. Come a Dresda.-
Forse sono morto anche io
o non sono più vivo
adesso
non riesco a capire bene
la differenza.
Tutti morti. Dal giorno
in cui siamo nati.

*

Nel caos della mia mente,
ho assistito a scene da manicomio.

Un giorno ho sputato la medicina
ed è stato lì che ho visto una porta piccola.
Aveva i capelli neri, sembrava ferita dalla vita:
cinque punti di sutura nei pressi del cuore.
Abbiamo provato a fuggire tutte le sere
con le mani, ci siamo illusi. Con la dolcezza
dei primi occhi.

Ora, c’è molta stanchezza. Le venature sono più
evidenti
sembriamo vecchi. Una cosa è certa, abbiamo provato
a salire sui rami dell’amore.
Caduti, le ossa si sono frantumate con la realtà.
Eppure le mani hanno trovato il modo di sfiorarsi, le mani.

*

Cerco la stanza che indichi
il luogo della nascita:
le dita inseguono
le venature. Non potevo
immaginare questo,
l’irruzione degli arcangeli
e l’annuncio di morte.
.
Il Verbo si pronuncia
in un linguaggio rumoroso:
il principio è la fine.

I luoghi disabitati nascondono
l’arrivo di nuovi scenari.

*

La strada è vuota,
gli archi proteggono un silenzio
disimparato da tempo. La verità è
frastuono, un selvaggio tentativo
di nascondere le pene del giorno,
e i guardiani restano fermi.

Come le grida dei martiri, le piazze
sono spettacolo di anime in pena
in cerca di una redenzione
solo ricordata:
lì dove c’era il patibolo
ora permane l’indifferenza.

*

C’è una disciplina del niente
porta le sue ali alla comprensione
di qualcosa. Lì, si percepiscono
le foglie, i fiumi, forse il suono.
Quel niente è scritto nel Dna
come il verbo che si fa carne
la stanza ha gli angoli chiari
le credenze vuote, il cielo grigio
e le madri rassettano i vuoti
nell’ordine giusto.

*

È tutto casuale. Il momento in cui
mi siedo a terra, l’attimo che alzo
gli occhi al cielo. Gli uccelli fanno
dei cerchi. Come le mani di un bambino
impongono alla matita di fare linee
senza senso. Così sono le traiettorie del cielo.
Continua per ore, il volo degli uccelli
ad intrattenermi. Lo scomodo
dei sassi sul cranio: si instaura
così una dimensione altra che
mi rimette al mio posto. Al pari
di un rumore d’onda.

*

Sogno la disfatta degli uccelli cantatori,
quei rumori distraggono dal silenzio
si spezzano le clavicole sotto il peso
della materia. Le nuvole sono rade
e la corteccia aderisce alla punta
delle vertebre; che fortuna la magrezza!
Gli insetti si uniscono in formazioni
come battaglioni aspettano la chiusura
alla vita. Eccola la morte, porta angolare
o cratere. Un buio rassicurante dove
mettere a riposo le rifrazioni della luce.

*

Le braccia hanno dei tagli
verticali. Le vene sono
impercettibili. La pelle chiara.
Manca forse un testimone
o il coraggio di decretare
la fine senza nessuno accanto.
Il pavimento è bianco come
quelle stanze asettiche:
le scapole sul muro
fanno fatica a rendersi comode.

Il coltello affonda, sussurra
l’ultimo scongiuro alla vita.
È fatta, non si torna indietro
le braccia cadono in protezione
la nuca cede alla gravità
gli occhi non vogliono chiudersi,
ma come dire alla notte
di non farsi buia?

Da: HO ASSISTITO A SCENE DA MANICOMIO


Luigi Finucci | La prima notte al mondo | Seri Editore | 2024 | Facebook

Foto di Zara Walker

 

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