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Interview | Valeria Puzzovio

Incontriamo e intervistiamo Valeria Puzzovio, artista ed illustratrice italiana che attraverso i suoi lavori ci introduce al tema del viaggio nell’immagine. Le sue opere, incantate e sensuali, avvinte da un’atmosfera remota di sogno, invitano alla scoperta della dimensione della profondità, scavano nell’attesa dello stupore, promettono rivelazioni.



 

Che tipo di studi hai svolto e come è avvenuta la tua formazione?

Il mio percorso di studi è totalmente distante dal mondo dell’arte: ho un diploma scientifico e una laurea in Servizio Sociale. La passione per il disegno invece ce l’ho da sempre, sin da quando ne ho memoria: da piccola amavo immergermi nel mondo degli albi illustrati e sognare di vivere realmente quelle storie fantastiche. Quel mondo era la mia fuga, il mio posto sicuro. Da grande, ho poi capito quanto fosse necessario per me continuare ad avere un posto sicuro, prendermene cura e magari contribuire io stessa a costruirlo attraverso nuove visioni. Ho cominciato così a studiare illustrazione, da autodidatta.

Una parte della tua produzione, i collages, ha il pregio di una “violazione”: si direbbe una fuga, che è anche un nuovo accesso; le immagini sovrapposte letteralmente si “incorporano” o si prestano ad eccedenti metamorfosi. È una tecnica che da un punto di vista metaforico rimanda continuamente ad altro, ovvero a una sorta di spaesamento del significato… sei d’accordo?

Sì, è vero. Ma è anche una caratteristica che appartiene all’intera mia produzione, sia che si tratti di collage che di disegni. Mi piace il non detto o meglio mi piace alludere a qualcosa e contemporaneamente dire anche tanto altro, lanciare più imput per far riflettere su varie tematiche o assumere diversi punti di vista.

Curiosando nel tuo portfolio, nella sezione artworks, osservo che i tuoi soggetti sono spesso molto giovani e colti in uno spazio solitario. Forse sognatori, forse viaggiatori. In ogni caso: anche loro alle prese con la materia inconscia di un altro possibile?

Il sogno è un altro tema ricorrente nei miei lavori. Addirittura, a volte è proprio quello il campo di azione in cui si svolgono la maggior parte delle storie e le vite dei personaggi che disegno. C’è molta solitudine attorno, probabilmente proiezione di una solitudine interiore, che accentuo perché l’attenzione possa concentrarsi completamente sul soggetto e quindi sulle emozioni che traspaiono.

L’introversione sembra campeggiare tra i sentimenti e gli atteggiamenti che esprimi con le tue opere. Una introversione ferita, fragile, atipica. Quasi senza tempo. Quanto della sfera intima ci si può spingere ad illustrare con l’immaginazione, secondo te?

Secondo me l’immaginazione dà la possibilità di raccontare e illustrare tanto di sé perché lo spettatore non avrà mai la certezza di trovarsi di fronte a una storia realmente accaduta, a un soggetto vero o inventato, a un sogno o alla realtà quindi paradossalmente la realtà può essere usata come filtro, come maschera per poter sognare a occhi aperti e far accadere ciò che si sarebbe desiderato accadesse realmente. In altre parole, ci si può svelare pur nascondendosi. Parlo così perché, non ne faccio mistero, tutti i miei primi lavori parlano di me, della mia vita, dei miei sogni, desideri, amori, emozioni, buchi neri.. E continuo a farlo anche quando si tratta di un lavoro commissionato: inserisco sempre una parte di me, che sia una storia di vita o anche solo un punto di vista. Non mi dissocio mai dalla sfera intima e personale.

Conduci una vita fatta di viaggi e spostamenti o stanziale? Qual è il paesaggio in cui crei e quanto influisce sulle tue opere?

Ultimamente mi capita di viaggiare più spesso per lavoro, ma per creare ho bisogno di stare nel mio studio, sul mio tavolo da disegno, circondata dai miei libri e pastelli colorati, e affacciata alla finestra che dà su un ampio spazio verde. In alternativa , ho bisogno di uno spazio “isolato” dal contesto esterno che mi permetta di connettermi con il mio io interiore. Non potrei mai disegnare altrove anche se naturalmente mi è capitato, ma in generale disegno nella mia casa-studio perché è la zona comfort che mi permette di essere autentica e onesta con me stessa. E questo è forse l’unico l’aspetto che lo spettatore riesce a percepire realmente.

 


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