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Interview | Zona disforme

Zona|disforme appare simile alla realtà: una sorta di raccoglitore che annota il messaggio del quotidiano, il graffio del tempo, suggestioni e prospettive ad ampio raggio. Quando e perché è nata? Qual è la ragione del suo nome?

Non sempre la nostra professione di videomaker ci consente di esplorare artisticamente l’immagine in movimento. Pertanto la ricerca visuale unita alla pratica (in scrittura e in lettura) della parola poetica, che è l’altro nostro necessario elemento di scandaglio dell’esistente, la confluiamo in zona|disforme, cercando di costruire uno spazio da abitare ed agire con tutti i nostri impulsi creativi più liberi. Nel nome disforme abbiamo pensato di far convergere le numerose istanze, modalità ed esperienze che ci coinvolgono professionalmente. Invece zona|disforme, è proprio il territorio dove andiamo a sperimentare il nostro discorso-dialogo creativo, con gli strumenti appunto dell’immagine in movimento e della poesia.

 

Nel vostro sito compaiono delle sezioni affratellate dalla viva presenza dell’immagine. Video, poesia, fotografia. zona|disforme è anzitutto “sguardo”? 

Possiamo dire che è anche sguardo, il nostro sguardo, forse il momento in cui il nostro sguardo si compie. Ma è appunto un momento, un fotogramma, l’esito sempre e comunque dell’intrecciarsi di input diversi fra loro, tanto che a volte ci viene da pensare che quello a cui cerchiamo sempre di dare visibilità è una specie di ‘ascolto’ dello sguardo. È una cosa difficile da spiegare, la sentiamo così, senza un’intenzione di partenza o un obbiettivo predeterminato.
Anche nei contesti professionali meno poetici-artistici, cerchiamo per quanto possibile di inserire gli elementi di questo nostro stile. È un impulso, una necessità, una disciplina. Non riusciamo a lavorare in altro modo. Vogliamo dare a ogni cosa che facciamo il nostro segno di autorialità, che certo vuole stare sempre in dialogo ma invariabilmente si espone e si spinge dentro i nostri margini autoriali. Margini che manteniamo naturalmente vasti e inclusivi, per nulla elitari ma comunque molto esigenti, in termini di stile, valori e qualità di lavoro. Siamo soprattutto totalmente avulsi da ogni tentazione estetizzante, spettacolare, virtuosistica o decorativa. Sappiamo bene quanto vuota e superflua possa diventare l’immagine in movimento di questi tempi, anche a causa dell’iper-virtuosismo che le nuove, semplificate e anche più accessibili tecnologie produttive consentono di raggiungere.

 

Nella sezione Fotografia si ripete spesso il termine “Progetto”. Che significato personale date a questa parola molto utilizzata, a tratti consumata, nella nostra contemporaneità?

Il termine progetto ci rappresenta almeno nella sua prerogativa di indicatore soprattutto dell’ambito nel quale abbiamo cercato di sviluppare quella determinata ricerca con quei determinati strumenti. Ci aiuta a mappare tempi e direzioni, e anche a capire quando la serie di impulsi che lo ha generato si sono esauriti . La contemporaneità ci interessa in quanto semplice interlocutrice ma non ci condiziona in nulla. Mode, generi e tendenze ci interessano non più che come fenomeni esteticamente, antropologicamente, e sotto moltissimi aspetti anche politicamente, connessi giocoforza con quello che facciamo. Noi non pretendiamo di dare risposte, narrazioni o soluzioni. Indaghiamo il nostro sentire cercando segni e parole che lo dispongono in una costante relazione con l’esistente (abitato o disabitato) e ci teniamo in una posizione ininterrottamente contaminata e contaminante, in dialogo. Anche per questo molto spesso in zona|disforme coinvolgiamo le voci e i testi di altri poeti. Proponiamo inneschi, zone emotive o di senso prima o dopo ogni concettualizzazione.

 

Nel vostro sito è spesso citata una bellissima parola: “movimento”. A muoversi sono le persone, i pensieri, i sogni ma pure gli affanni. Al contrario, che senso attribuite oggi allo “stare fermi”?

Movimento per noi è più che una parola, è un modo di stare al mondo. Ne abbiamo oramai preso coscienza e cerchiamo ogni giorno di mantenere fede con ogni mezzo a questa nostra natura. Anche lo stare fermi in consiste in una forma di movimento. In più lo stare fermi nutre uno dei più profondi significati del nostro agire. Per esempio, ci siamo fatti una regola che le nostre riprese video devono essere quasi del tutto prive di movimento. Quello stare fermi attenua e disperde la necessità di misurare un tempo così da consentirci una maggiore dilatazione dello spazio che abbiamo davanti all’inquadratura. È proprio in quello stare fermi che affiora l’invisibile che sta dentro alle linee del visibile, una sorta di esercizio di contemplazione che ci da accesso a un altro lato delle cose.
Scopriamo poi praticandola che vale un po’ per tutto le zone di tensione che attraversiamo: ascolto, visione, segno.

 

Con quali realtà sociali e culturali collaborate? In quale nuovo lavoro siete impegnati al momento?

Professionalmente collaboriamo con vari committenti, anche istituzionali. Sul nostro sito www.disforme.net diamo visibilità a un ampio campionario di progetti realizzati e in corso. zona|disforme ha un cammino adiacente, risponde solo alle nostre istanze creative, è anche il primo progetto autoriale che produciamo in totale autonomia e fuori da committenze o collaborazioni. Certo, siamo aperti a sviluppi e interlocutori in ogni direzione. Diffondiamo il nostro lavoro con il format videopoesia zona|disforme (www.youtube.com/@zonadisforme), proponendolo come un ibrido tra magazine, militanza poetica, critica del presente, archivio in costruzione, opera videoartistica in fieri, etc. Inoltre abbiamo deciso di produrre delle puntate speciali, che abbiamo chiamato [risonanze], che per ora coinvolgono solo poeti (più avanti coinvolgeremo altre figure non solo artistiche). Brevi episodi che si discostano dalle modalità del format principale e che prevedono l’incontro di volta in volta più concentrato con quelle esperienze di poesia contemporanea che ci appaiono tra le più consolidate e nutrienti, anche lontane e diverse dalle nostre modalità e intenzioni poetiche. Ci sembra fondamentale il dialogo tra diversi, la continua contaminazione, l’apertura di varchi.
Ci sono altri progetti in arrivo, speriamo di poterveli raccontare fra qualche tempo.

 


Format videopoesia a cura di Carlotta Cicci e Stefano Massari
(www.disforme.net)

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