Losavio | Per il mondo nuovo
“Per il mondo nuovo” è una visione che ha il profumo concreto dell’Utopia. Dell’Utopia ha il tempo diluito e il proposito di rovesciare la realtà esistente. La visione allunga l’occhio fino al limite dell’orizzonte storico e immagina un nuovo evento che si apre ad una nuova prospettiva. È il grido di miliardi di uomini, è il grido della Terra che impone all’immaginazione il pensare una diversa stagione per l’Umanità. L’Umanità è dolente e la Terra è sull’orlo dell’abisso. Ciò che è in gioco è la dignità della vita e la sua stessa possibilità. La Terra e l’uomo sono giunti ad un punto di non ritorno; solo una trasformazione radicale del modo di vivere, di produrre, di lavorare, di sfruttare uomini e ambiente può invertire un destino di inesorabile distruzione. Questo noi vogliamo: una rivoluzione che rovesci lo status quo e eviti la sciagura della fine della vita e del pianeta. L’uomo contemporaneo, schiacciato e acquietato dalla logica del Sistema, ha fame di Utopia. Il grido dell’uomo in catene è lo stesso che la Natura stessa, ferita e dilaniata, fa sentire nel ruggito della catastrofe.
Il livello sperequato di godimento della vita, diverso da uomo a uomo e che relega la maggior parte dell’Umanità ad un livello di pura sussistenza unicamente piegata alla riproduzione della forza lavoro, fa tutt’uno con la devastazione delle risorse naturali sfregiate e sfruttate nella rincorsa di un malinteso concetto di sviluppo e progresso. Il Sistema esclude la stragrande maggioranza dell’Umanità dal godimento pieno della bellezza. La bellezza del mondo comprende non solo il godimento sensuale della natura ma anche il godimento dell’arte, del pensiero, della immensa cattedrale culturale creata dall’uomo. Si vuole sottolineare il valore educante della bellezza, senza la possibilità di godimento della bellezza, l’uomo si abbruttisce unicamente nella riproduzione delle funzioni vitali e si costruisce unilateralmente come strumento del lavoro. La questione cruciale diventa la possibilità di rovesciare il rapporto tra tempo del godimento e tempo del lavoro, oggi completamente a favore del lavoro. L’obiettivo dovrà essere quello di rovesciare il rapporto e lavorare meno per lavorare tutti.
Ci viene in soccorso nel perseguire questo obiettivo lo sviluppo inarrestabile della Tecnica che in futuro porterà ad una mancanza di lavoro e alla scomparsa di determinati lavori. La Tecnica sarà la guida della società e determinerà, più della politica e dell’economia, il futuro dell’esistenza. L’uomo vedrà diminuire il tempo dedicato al lavoro e allargarsi le possibilità di godimento della Bellezza. La questione del tempo del lavoro è la questione cruciale perché tocca alla radice il Sistema del Capitalismo che governa il modello economico del pianeta e che regola la nostra vita sul ritmo dei tempi del lavoro. Toccare e trasformare il tempo del lavoro ha come conseguenza di rivoluzionare la società alla base ed è il fulcro del cambiamento. Il tempo liberato permetterà di realizzare e seguire il proprio desiderio e godere di tutta la Bellezza che è estranea al lavoro come coazione e sfruttamento. Questo è lo sbocco necessario e inevitabile dello sviluppo della Tecnica che libererà tempo per consentire ad ognuno di coltivare la propria umanità.
Tutte le più grandi costruzioni culturali hanno visto protagonisti uomini che avevano il tempo necessario per coltivare la Bellezza. Il Pensiero ha bisogno del tempo della riflessione. Maggiore è il tempo dedicato alla Bellezza, minore è il pericolo di sciupare e perdere il talento dell’uomo che si dedica solo alla produzione. Se nell’antichità la schiavitù liberava molti dal lavoro per il tempo del godimento della Bellezza e del Pensiero, nel mondo contemporaneo la schiavitù si è generalizzata e solo pochissimi possono dedicarsi alla cura del Pensiero e della Bellezza. Nell’antichità questo era un esercizio che coinvolgeva tutta la comunità come entità collettiva e politica. Nella contemporaneità anche il Pensiero e l’Arte rientrano direttamente nel ciclo della produzione, della riproducibilità e del consumo. Il lavoro rende l’uomo relegato in un ruolo di solo produttore in un Sistema, quello Capitalistico, che se non si interviene con una radicale trasformazione, porterà l’uomo e il pianeta alla estinzione e alla catastrofe. Il pianeta dà segnali di cedimento, di ribellione, di distruzione causati dal modo di produzione del Sistema capitalistico che con la propria necessità, per la propria sopravvivenza, di una crescita continua, sta consumando inesorabilmente il pianeta e minando il suo equilibrio. Ciò provocherà sia l’implosione del Sistema capitalistico che la fine definitiva della Terra.
Cosa ci impone lo stato presente. Lo stato presente ci impone e ci chiama alla lotta, alla lotta politica, alla lotta sociale, alla lotta culturale. Ci impone altresì l’uso di un linguaggio nuovo e diverso da quello omologato dal Sistema e dai media di massa. La questione del linguaggio è fondamentale. La narrazione della contemporaneità risente dell’uso di un linguaggio edulcorato che ideologicamente nasconde la verità dei rapporti di forze che sono in gioco, riportando tutto all’interno del Sistema. C’è bisogno che il linguaggio dica le cose come stanno, sia linguaggio di verità. Per questo l’uso di un linguaggio e di categorie marxiane appare necessario. L’uso di questo linguaggio e di queste categorie otto-novecentesche, appare necessario a disvelare la sostanziale complicità del racconto che il Sistema ci impone. Quello che Marcuse chiama il Sistema e che Heidegger racchiude nel significato di Gestell, indica il carattere impositivo e dominante di un unico modello di pensiero e di azione, di vita e produzione. La lotta diviene essenzialmente culturale.
Nessuna trasformazione può prescindere dall’uso di un nuovo modello culturale che affondi le radici nel pensiero critico. Molto di quello che viviamo quotidianamente oggi, era stato previsto e profetizzato da pensatori e filosofi, a cominciare da Marx. La caratteristica del Sistema in cui viviamo è la mancanza di Pensiero, tutto è relegato al fare ( homo faber ), al produrre, al consumare.
Come non pensare a Pasolini e le sue parole profetiche sul nuovo fascismo e “l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo”. La lotta culturale riprenda le voci del pensiero critico in modo radicale per rompere la cornice di ineluttabilità che circonda il funzionamento del Sistema. Parole già udite che danno vita a una trasformazione della realtà e ad un discorso inaudito. Chiamare le cose con il proprio nome è, nel mondo contemporaneo, un atto rivoluzionario. Usare parole come proletariato, rivoluzione, lotta di classe, sfruttamento, etc. Usare queste parole che attengono alla terminologia e alla filosofia marxiane, serve a squarciare il velo di Maya che copre la verità del modello unico di pensiero e produzione.
“Per il mondo nuovo” individua la sua base sociale sia nel proletariato organizzato, sia in quelli che Marcuse indica come quelli che rifiutano l’omologazione, quelli che Papa Francesco chiama gli scarti, i reietti dalla società. A questi si offre il riscatto, al popolo degli anti sistema che testimoniano con la loro carne il rifiuto del mondo omologato. Si rivolge al mondo dell’intelligenza perché sappia elaborare collettivamente il disegno dell’Utopia e accompagnare il riscatto delle masse oppresse. La politica ha bisogno di una nuova poetica, di un linguaggio e di un fascino nuovo che entusiasmi e guidi la lotta con parole nuove che catturino e trasformino la mente, il linguaggio, il cuore dell’uomo. Si rivolge a quanto nell’essere umano è di più specifico, alla sua humanitas, per esaltarne la dimensione distintiva. Coltivare l’umano deve essere lo scopo principale a cui puntare con la liberazione del tempo da coazione, comando e sfruttamento. Il lavoro sarà liberato e diverrà una espressione libera dell’umano: lavorare per la comunità diverrà un istinto sociale. Questo è l’esatto capovolgimento del sistema capitalistico. Lo scopo dell’economia non sarà più la crescita continua e inarrestabile ma unicamente il benessere della società. Un benessere che non si fermi alla semplice sussistenza ma sia tale da permettere a tutti il godimento e la frequentazione della Bellezza. Questo comporta, per tutti, un salario adeguato e garantito anche al di là della propria capacità lavorativa in quanto, con lo sviluppo della Tecnica, il lavoro sarà sempre più scarso e specializzato e molti lavori scompariranno e molti non lavoreranno perché il lavoro non c’è. Quindi salario minimo e garantito per tutti a prescindere della quantità di lavoro prestato.
La politica deve accompagnare queste trasformazioni con un notevole sforzo di immaginazione e di poesia nel senso del poiesis greco. La politica deve adeguarsi e guidare gli sviluppi della Tecnica e servirsene per ampliare la base democratica promuovendo una vera e propria democrazia diretta. La Tecnica permetterà ai cittadini di esprimersi in modo immediato sui provvedimenti della politica. Il parlamento sarà solo il promotore della legislazione approvata in seguito telematicamente dai cittadini. Ci sembra uno sviluppo inevitabile che va verso un ampliamento della democrazia che diviene espressione diretta della volontà popolare.
In questa prospettiva, “il mondo nuovo” persegue la pace ed è fautore di una politica internazionalistica che abbia come obiettivo principale la pace. La guerra deve diventare, come auspicava Alberto Moravia, un vero e proprio tabù. Il proletariato è sempre stato la vittima sacrificale della guerra e delle sue implicazioni imperialistiche e economiche. La lotta di classe è anche lotta per la pace.
Tutta l’elaborazione e costruzione teorica fin qui formulata, perderebbe di senso senza l’obiettivo primario che è la salvezza della Terra. Il nostro appoggio va a tutti quei movimenti che vogliono fermare la sistematica distruzione del pianeta. Le responsabilità sono politiche, economiche e culturali e riguardano ognuno di noi. Ma maggiormente la nostra responsabilità è verso le generazioni future che devono avere la possibilità di immaginare un “mondo nuovo”.
Foto di Alesia Kazantceva