Criniti | La voce incomparabile del silenzio
La scrittura è la voce incomparabile del silenzio.
La sua sonorità è l’eco di tutti i silenzi; un silenzio di cui niente interrompe la loquacità. Un discorso in cui la vista si è sostituita al suono, e l’astrazione si è sostituita alla rappresentazione visiva.
Scrivere troppo è pericoloso: noi abbiamo così sempre dinanzi agli occhi, scolpita in parole incancellabili, l’immagine di quello che valiamo, lo specchio sincero che rispecchia il nostro autentico aspetto. Mentre la memoria delle parole volanti, la memoria delle situazioni o delle azioni interpretabili è vaga e si lascia facilmente corrompere dalle seduzioni o dai premi del nostro amor proprio; le parole scritte, invece, ci ripresentano perpetuamente la testimonianza incorruttibile del loro fermo significato, che è un significato di condanna per noi e una deposizione a carico della nostra inettitudine. L’illusione del presente e la speranza dell’avvenire addormentano facilmente la memoria, ma non possono nulla contro la verità scritta, contro la rivelazione delle Scritture. Ma in questo consiste anche l’utilità dello scrivere e dello scrivere molto; poiché, dal continuo sforzo e dal continuo insuccesso, si può comprendere la difficoltà e l’eccellenza di questa arte di pensare e di esprimere, e per conseguenza ammirare e anche capire i veri grandi autori, specialmente in quello che vi è di più importante nelle loro opere, cioè nella loro tecnica. I profani, che non hanno mai saggiate le loro forze e, quindi, mai constatate le loro debolezze ed insufficienze, non sono in grado di apprezzare la tecnica e la vittoria dei maggiori autori, così come un profano non è in grado di capire il valore del taglio di un diamante o di una statua. In questo senso anche la propria insufficienza può essere utile, purché ci si sforzi di rendersene conto.
Uno scrittore è tanto più grande e tanto più interessante, quanto maggiore è il suo coraggio di confessare quello che egli è veramente, di confessare la vera natura e qualità del suo carattere.
La maggior parte delle persone parla e scrive per nascondersi; lo scrittore dovrebbe essere quell’uomo di eccezione che scrive per manifestarsi, per mettere le cose a posto e dire effettivamente quale è la realtà. Solo chi è sincero, chi ha il coraggio di manifestare quello che egli è (o quello che gli altri, o che le cose sono), può sperare che altri si riconosca in lui.
Quando si pensa o si scrive, non si deve creare solo il pensiero (la mente, l’anima, etc.) proprio, ma anche l’altrui. La creazione dell’interlocutore è l’espressione del pensiero, la nascita di un altro pensiero è la sua realtà e concretezza. Nell’altro si assommano tutte le difficoltà e gli ostacoli al pensiero, cioè tutto il contrario del pensiero; ed è di questo contrario che il pensiero ha bisogno per manifestarsi; perché è di questo contrario, di questo altro, che è costituita l’espressione, ogni espressione e quindi anche l’espressione del pensiero. Un contrario posto da lui stesso; e che cosa vi è di più contrario a noi che un’altra volontà, carattere e pensiero? E insieme di più simile? Cosa di più contrario all’io che il tu?
Narrando anche nel modo più semplice la più semplice cosa, noi ne estraiamo il significato. Ogni narrazione è la trasformazione di un fatto o accadimento in un significato.
Quando rileggiamo i nostri ricordi degli anni perduti, dei tempi che furono nostri, quando rivediamo i “momenti” (nel senso latino, come ammonire) delle varie epoche del nostro vivere, rimaniamo stupiti del contrasto tra l’inerzia, la nebbia di questi documenti superstiti, e l’infinito valore, l’infinita bellezza della vita reale, che è passata e che passa. Ed è questo contrasto che vale, che costituisce tutto il valore dei documenti inerti e sordi, sordo-muti. Sono essi che per contrasto rievocano il valore autentico e inesprimibile della vita che li ha creati ed abbandonati; del paesaggio a cui si riferiscono con la loro immobilità. Del diverso a cui accennano con la loro identità.