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De Falco | Amanti segreti

Un giorno, mentre stavo girando il mio film Via Appia e mi trovavo in Basilicata, pensai di fare un sopralluogo a Craco, un piccolo paese abbandonato da diversi decenni vicino Matera. Insieme a una mia collaboratrice ci arrivammo verso il tramonto. Il paese si stagliava su una collina, spettrale e meraviglioso; sembrava una sentinella abbandonata che continuava fieramente a fare il suo lavoro. Mentre lo guardavamo dalla strada sottostante, avvolti da un silenzio misterioso, improvvisamente, sentiidietro e sotto di me degli strani richiami. Mi voltai e vidi dallaltra parte della strada, nella valle sottostante, un gregge di capre e pecore che saliva attorniato da un branco di cani velocissimi ed eccitati.
I cani lo accerchiavano aizzati da quei suoni che echeggiavano nella valle. Si muovevano come domatori precisi e concentrati. Era un linguaggio misterioso, dove il suono sembrava più potente del senso che trasmetteva. Un linguaggio musicale che dellumano aveva lintelligenza e dellanimale il candore. Un mix potente e ipnotico. Glianimali obbedivano dominati e, insieme, liberati. Dopo poco, comparve chi emetteva quei suoni: si trattava di un giovane uomo dalla faccia dura e scarna. Un pastore. Mi sembrò subito pieno di vigore e sensualità. Salivano verso di noi e sembravano diretti proprio lassù verso il centro del paese. La scena era spettacolare e avevo la camera in macchina, poco lontano, così andai a prenderla. Ero incantato e non mi fu facile staccarmi da quella scena e da quel suono. Poi, tornando velocemente, vidi che non lontano cera una giovane donna che, come noi, guardava e aspettava dallaltra parte della stradaQuando il pastore era ormai vicino, guardò quella donna e le fece un cenno. Lei allora si diresse verso il paese. Vedendola allontanarsi cercai di avvicinarmi, ma si mosse veloce e cominciò a inerpicarsi subito verso le case abbandonate. Non riuscii a chiamarla.
Incerto sul da farsi, restai un attimo immobile, finché il gregge comparve sulla strada passandomi accanto. In mezzo cera luomo. Ci guardammo e gli feci cenno di volergli parlare. Si fermò, proprio sul ciglio della strada, lasciando che il gregge continuasse a salire. Gli chiesi se viveva lì. Mi rispose di sì. Era il tramonto e si capiva che stavano tornandoa casa. Incredulo, gli domandai di nuovo se lui vivesse proprio in quel paese. Lo vuoi vedere? mi rispose con tono beffardo e provocatorio. Sentendomi sfidato, gli risposi con tono perentorio che sì, volevo visitarloSei proprio sicuro? mi disse con un italiano volgarizzato e nobilitato insieme dalla sua pronuncia slava. A questora è pericoloso! Tra un ponon si vede beneci sono le viperebisogna vedere bene dove mettere i piedi

E cominciò ad allontanarsi. Lo incalzai subito chiedendogli di accompagnarmi, che volevo fare un video, gli promisi dei soldi credo. Disse, va bene seguimie continuò ad andare.

 

La mia collaboratrice non se la sentiva, così lo seguii da solo, impugnando la telecamera. Salimmo. Le case erano dello stesso colore della roccia, tutto era di una compattezza assoluta. Un corpo unico. Cera un podi vento e le porte cigolavano, a volte sbattevano, ma in modo non forte. Luomo saliva davanti a me, sicuro e calmo. Cominciai a girare. Ero abituato a camminare riprendendo, erano mesi che guardavo il mondo così per molte ore al giorno. La luce stava andando via e, più entravamo tra le case, più si abbassava, ma era, come si può immaginare, magica. Cerano già le stelle e la luna. Pur ansimando, gli chiedevo qualcosa e lui mi rispondeva e anzi parlava con piacere, ma ora ricordo solo il suo tono, quello di un padrone di casa che mostrava con orgoglio dove vive. Arrivammo fino in cima, voleva portarmi in un luogo preciso e, infatti, entrammo nella chiesa diroccata.

La scena era incredibile. Solo Tarkovskij ha restituito la bellezza di un paesaggio simile, dove il tempo sembra racchiusoa specchiarsi. Un piccione volò sul tetto semiaperto squarciando il mio silenzio e stupore. Cera una finestra aperta e lui si avvicinò. Lo raggiunsi e lì, su quella soglia, da dove si dominava il paese e la vallata, ci parlammo. In mezzo la camera, ma sia per me sia per lui non fu un problema. Era bello, forte. Mi faceva pensare a Ulisse. Era contento che io fossì lì, eppure mi provocava senza farmi domande. Le domande erano mie, lui aveva la provocazione e qualcosaltro. Gli chiesi chi fosse quella donna e mi rispose che era la sua donna.

 

E ora dove sta?
Sta in casa, rispose. Ma vivete qui senza luce, senza acqua?
Sì
E lei quando tu vai a portare il gregge cosa fa?
Resta qui.
Come qui? Sola?
Sì
Ma da quanto tempo sta qui con te? Da quanto tempo state qui?
Mi rispose che era un pastore macedone, che era venuto in Basilicata già da parecchio tempo e che lavorava sotto padrone. La sua donna lo aveva raggiunto da pochi mesi, perché erano fidanzati nel loro paese e lei aveva deciso appunto di raggiungerlo perché voleva stare con lui.
Ma, gli richiesi, lei sta qui tutto il giorno senza di te ad aspettarti?
Sì
Ero senza parole. Pensavo solo che era una storia damore incredibile. E che potevo fare un documentario importante, chissà magari il documentario del secolo!
Così, diciamo istintivamente, gli chiesi se potevo restare con loro qualche giorno e riprendere la loro vita, se voleva farmi riprendere anche la loro casa, come mangiavano, dormivano

Restò in silenzio qualche istante, guardandomi dritto negli occhi. Poi mi disse di noprovai allora a insistere e percepii che cera qualche spiraglio. Credo che, anche se era abituato alla solitudine, sentire che qualcuno sinteressava a loro non poteva non fargli piacere.

 

Ci guardammo ancora in silenzio, finché, davanti a quella finestra, nel vuoto di una chiesa scassata e confidente, nella luce blu lunare, con sotto i piedi la polvere del tempo, qualcosa mi disse di abbassare la camera. Semplicemente capii che quellamore andava protetto. Che apparteneva al silenzio. Alle capre e alle pecore, a quei cani e ai loro panni sporchi messi ad asciugare sulle pietre o forse appesi a qualcosa. Qualcosa che, pur così fragilmente, teneva ancoraA quel paese senza più uomini, ma dove lamore abitava ancora. Non ho più rivisto le immagini che girai. Non le usai nel mio film. Era il 2010. LItalia stava entrando nella crisi. Io la percepivo da tanto. Via Appia entrò a far parte dei migliori documentari italiani, ma non cambiò la mia carriera. Al di là del fatto di aver anticipato il recupero non solo di una strada mitica ma della grande bellezza del camminare a piedi (o a cavallo, su una piccola barca nei fiumi, sui piccoli treni..), credo che il mio film abbia avuto un altro merito più importante: esso è stato protetto da quellincontro. Da quegli amanti segreti. Non fu lunico: facemmo altri incontri magici e sconcertanti in paesaggi remoti e solitari. Vagavamo come stranieri e lItalia fu straniera. Fu il paese meraviglioso e abbandonatoche avevo sempre sognato. Un giorno qualcuno se ne accorgerà…

 


 


Comments (1)

  • Francesco Gentile

    gia’ letto meraviglioso…complimenti paolo!!!!!!

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