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Interview | Paolo Bianchi

Per tutte le specie viventi l’intelligenza consiste nella capacità di adattarsi al cambiamento. Questo vale anche per noi umani che andiamo incontro a diversi fattori oltre quelli climatici e di relazione con le altre specie, si pensi ai fattori di socializzazione storici e di stili di vita che nell’ultimo cinquantennio sono diventati via via più frenetici e liquidi, e problematico è riuscirvi. In questa intervista con l’autore Paolo Bianchi, attraverso un suo libro del 2017, dal titolo “L’intelligenza è un disturbo mentale”, Edgarda Golino dialogherà “dell’intelligenza altra” del disagio mentale.




Con uno sguardo disincantato e per nulla consolatorio, attraverso uno stile asciutto e minimale, hai tratteggiato il protagonista del romanzo, dal nome emblematico Emilio Rivolta, affetto dalla sindrome bipolare, lucido e consapevole, fuori da ogni stigma di follia allucinatoria. Paradossalmente se non fosse così dolorante, si potrebbe credere che il disagio psichico sia una forma altra di adattamento alle circostanze che lo circondano. Puoi spiegare ai lettori in cosa consiste questo disturbo?
I disturbi psichici sono elencati nel DSM V , il manuale diagnostico più conosciuto al mondo, redatto dall’Associazione psichiatrica americana. Non tutti concordano sulla sua oggettività, ma è sempre meglio che niente. Io descrivo, narrativamente, e con tutte le licenze del caso, una forma di disturbo bipolare del secondo tipo, quello meno grave. Rientra fra i cosiddetti disturbi dell’umore e consiste in cicliche oscillazioni di personalità fra picchi euforici, maniacali, e ricadute depressive. Molti pazienti depressi ricevono oggi una diagnosi di sindrome bipolare, essendone quella depressiva solo una fase.

Cosa intendi per intelligenza e perché provocatoriamente l’hai definita un disturbo mentale?

Mi sono basato su una lettura etimologica del termine: Intus-legere, cioè “leggere dentro”. Intelligente è colui che legge la realtà, a volte vedendola in tutta la sua crudezza, senza filtri consolatori. Non ho pensato alla cosiddetta intelligenza emotiva, che è invece una forma di sensibilità alle relazioni interpersonali. Quella a cui mi riferisco io è l’intelligenza a cui spesso si appoggiano gli artisti per interpretare la realtà. E che li porta a una forma di abbattimento spirituale, in altre parole alla depressione.

Ritieni che senza queste forme di nevrosi s’impazzirebbe definitivamente?

Da quello che ho letto è appreso nel tempo, mi pare che le nevrosi siano un tentativo più o meno riuscito della mente umana di dominare gli istinti autodistruttivi, magari sostituendoli con comportamenti apparentemente irrazionali. Un meccanismo che permette di mantenersi in equilibrio, ma che nella peggiore delle ipotesi diventa invalidante.

Emilio è un personaggio di rivolta contro uno stile di vita che lo ha snaturalizzato? Cosa detesta della socità Emilio e gli altri personaggi che lo accompagnano nelle sue scorribande notturne?

Emilio è “l’inetto postmoderno”, come lo ha definito un critico. È la classica persona che si sente a disagio con gli altri perché non ha un’opinione realistica di se stesso. È sempre troppo o troppo poco. Della società, detesta la competizione sfrenata e l’ipocrisia. È una vittima della deriva consumistica, costretto a vivere in un mondo di rapporti inquinati. È un po’ l’uomo del sottosuolo dostoevskjiano. Sempre in conflitto.

A un certo punto viene messa alla berlina la figura dello psicoterapeuta della parola ed Emilio si rivolge ad un gruppo di mutuo aiuto che lo porterà verso l’uscita dal tunnel. Anche tu nella realtà hai devoluto tutti i profitti di vendita dell’opera all’associazione Progetto Itaca, ne vuoi parlare?

Nel gruppo di mutuo aiuto Emilio trova dei disagiati come lui, dei picchiatelli con cui si trova bene, soprattutto per il fatto che in un gruppo di terapia le maschere cadono e ci si confronta senza i filtri imposti dai ruoli sociali. Gli psicoterapeuti sono costosi e spesso non condividono la sofferenza dei pazienti. Io ho devoluto i diritti d’autore del libro a Progetto Itaca, e sono andato in molte sedi a parlarne. L’associazionismo è una forma di aiuto sociale che si integra con quella che dovrebbe fornire lo Stato, e a volte copre dei buchi enormi. Quindi ben venga.

Riuscita e centrale è la narrazione della quotidianità di Emilio scandita dalla terapia farmacologica, ad oggi l’unica in grado di dare un supporto al disagio psichico. Credi che chi non l’accetta sia vittima di uno stigma interiorizzato?

All’inizio si ha paura di pensare che la chimica sia necessaria a risolvere un problema della psiche. Però la farmacologia ha dimostrato in questi ultimi decenni di saper fornire stampelle adeguate alla conduzione di una vita regolare, priva di sofferenze invalidanti. Io i farmaci non solo li prendo, ma li benedico. L’importante è riuscire a trovare quelli che funzionano, e poi non abusarne.

 


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