Talarico | Undercaterpillar
Un bruco viene al mondo senza troppo baccano. Senza troppo baccano rosicchia quello che era stato il suo globo. Ne buca il guscio morbido. Poi, una volta fuori, senza troppo baccano, inizia a rosicchiare foglie verdi di un verde mondo. Non è il gesto di sempre se è lui a essere nuovo. Piano piano. Un bruco difficilmente ha fretta. Se è fiutato da un plotone di formiche non corre via. Se il radar di una vespa lo capta ― e lui, volesse il cielo, se ne accorge ― poco fa di diverso da quello che faceva prima. Tutt’al più potrebbe appallottolarsi. Dovrebbe scegliere di farlo, anche se scegliere è sempre una gran fatica. Ma è pur sempre un’opzione. Potrebbe anche succedere che a schiacciarlo sia il Grande Bruco Rosa. È grande, lo dice il nome. Ha ciuffi colorati sul capo. E piedi: quattro. O forse un paio. No. Un momento. Forse il grande Bruco Rosa non è un bruco. Forse un bruco ne ha sei. Ma non è poi così sicuro, il nostro bruco non è andato nemmeno a scuola. Non è importante. Nulla di scientifico. Girare alla larga e poche domande. Tutt’al più appallottolarsi. Appallottolarsi pigramente. Nulla di serio, qualche secondo, una potenziale eternità. Piano piano. Nessun animale viene ucciso da morto, è una legge che da qualche parte dev’essere scritta. Oppure no, poco importa. Basta sapere. No, poco importa pure quello. Non tutti i bruchi sono uguali, ma una legge funziona sempre. Una legge è una legge solo se del tuo grado di consapevolezza in materia se ne infischia sonoramente. Allora mettiamo il caso che il nostro bruco sia davvero fortunato. Mettiamo che non una formica lo voglia arrosto, che nessuna vespa lo voglia per cena. O magari è stato bravo. Il nostro bruco se ne farà una ragione della sua sorte, e una zampa per volta andrà a rosicchiare qualcos’altro. Instancabile, con sguardo bovino, ruminerà il ruminabile in attesa del suo momento. Perché il bruco è stanco, mortalmente stanco. Poi una volta pronto, o stanchissimo, che è lo stesso, andrà a cercare il suo ramoscello, per starsene lì buono. Questo un bruco lo sa sempre. Potrebbero volerci mesi, talvolta addirittura anni, un bruco non ha mai fretta per niente. Prima o poi, il ramoscello giusto al momento giusto da qualche parte salterà fuori.
Il bruco non si domanda se viene prima il ramoscello giusto e dunque il momento giusto, o se viene prima il momento giusto e quindi ogni ramoscello diventa giusto. Certe cose un bruco le sa e basta.
Il bruco smette di essere un bruco senza nemmeno il tempo di dirsi addio. Ha avuto giornate e giornate per prepararsi, eppure quando è arrivato il suo momento non è stato pronto. Si è ripetuto tante volte e no, adesso non se l’è detto. Ora il bruco è morto ma vive di vita futura, addormentato in una pupa. Se c’erano voluti mesi e anni, potrebbe ora volerci altrettanto tempo. Il bruco è morto e qualcosa dorme, ma il corpo, solo quello, muta e è sveglio. Vive. Potrebbero volerci ancora mesi o anni, ma potrebbe anche darsi che tutto finisca lì dentro: una gelata, un colpo, o qualcos’altro di tremendo. Magari una formica ha avuto un ripensamento. Comunque il bruco non s’è detto addio prima e non potrà farlo adesso. Non ha lasciato il testamento. L’unica differenza rispetto ai rischi di prima è che adesso non si appallottola nemmeno. A stento sussulta, disforico, come un malato legato a letto. In verità, per lui, non è poi troppo insolito, ma non può neppure essere lo stesso se è lui ora a essere diverso. La nostra crisalide non è una fase di mezzo. È vita silente. In sé e per sé inutile e importante. Vita latente. Vita di galera. Vita protetta dalle pareti della sua schiena. Vita. E la vita finisce. Una legge è una legge. Perché sì, un giorno, senza troppo baccano, due morbide ali scoppieranno dalla sua schiena. Si aprirà in due palpebre con due lame di polvere. Si mozzerà il frenulo di seta. Senza troppo baccano. Ogni dolore esige il suo silenzio. Ogni eternità ha bisogno del suo tempo.
La farfalla ora è sveglia, la farfalla ha fretta. Deve fare una miriade di cose. Una farfalla ha sempre qualcosa di importante da fare. È tutto frenetico. È tutto un bussare d’ali nell’aria. Ali bagnate che battono e sbattono qua e là. La farfalla tutto insieme ha talmente tante cose da fare che non sa da dove cominciare. La farfalla è una farfalla stressata. Perché quel bruco in tutto quel tempo non ha fatto proprio niente? Il tempo. Manca poco. Bisogna fare tutto prima di prima. C’è una vita da vivere in poco più di niente. La farfalla freme. La farfalla decide di mangiare poco o non mangiare niente. La farfalla allora si mangia la bocca. Tempo sprecato. Bussano le ali nell’aria. Polvere magica colora le sere. Una gran frenesia. Un coito ad alta quota. O onanismo nell’aria. Idee confuse di procreazione affollano la sua mente. Il tempo corre, non è chiaro. Tutto turbina. Il tempo non corre, il tempo la insegue.
Non può essere vita questo vacuo annaspare di propositi instillati. Questo frenetico affannarsi senza porsi domande.
Ma per sicurezza è ora di andare a deporre le uova. Per sicurezza, è bene cercare un posto sicuro per loro. Bussano le ali nell’aria. Ma non c’è nessuno ad aprire. Ci siamo. Ecco un uovo. Un altro. Manca poco. La farfalla è troppo stanca per essere stanca. La farfalla ha mille cose da fare che muore facendosi morire. Anzi, crepa miseramente. Ma ha dimenticato di dirsi addio. Non è mica scema come il bruco. Lui ha avuto tutto il tempo per un ultimo saluto. Di fatto però nemmeno la farfalla è riuscita nell’intento. Forse anche il bruco come la farfalla ha compiuto solo il suo destino. Oppure è che un addio è l’indicibile, lo smentibile, il ridicolizzabile. Un padroneggiarsi a lungo respiro. Programmare scelte a venire non è facile se siamo noi stessi a essere in divenire. E poi gliene è mancato il tempo. O ancora non può esistere un addio autentico che non sia il semplice non riconoscere se stessi a distanza di tempo. Ad ogni modo aveva davvero troppi pensieri. La fretta se l’è rosicchiata come il bruco si rosicchiava l’uovo dal suo interno. Il suo uovo, l’uovo che ha appena fatto. L’uovo che ha mangiato della farfalla che ha ucciso, l’uovo che ha partorito per dar vita a un “lombrico”. Un uovo sì, è sempre lo stesso. La farfalla non c’è più, ma luccica qualche perla lattiginosa in un nascondiglio laggiù. Nulla di personale. Nessuna farfalla se la dovrebbe prendere troppo a cuore. È una legge. Addio bisognerebbe dirselo ogni giorno, prima di dormire, per potersi scegliere daccapo, il giorno seguente. Ma l’uovo è lo stesso di sempre. E la farfalla è la stessa pupa, che è lo stesso bruco, che sa le stesse poche cose di sempre. È la vita. È una legge. Così è stato. Così sarà sempre. Nei secoli dei secoli una legge è una legge se se ne infischia allegramente. Senza troppo baccano resterà questo fioccare di farfalle a terra per niente. Questo esausto avere di che tacere. L’addio di uno scrivere senza nominare niente. E ora un bruco, senza troppo baccano, sgranocchia il suo uovo. Senza fretta di niente.
Image: Peter Paul Rubens | Death of Semele | Before 1640 | Musées Royaux des Beaux-Arts