Cat Spilman, originaria americana, vive e lavora come artista astratta a York, nel Regno Unito. Prima di trasferirsi in Inghilterra ha conseguito un BFA con lode presso la School of Visual Arts di Manhattan, quindi ha lavorato per i successivi otto anni come scenografa per il cinema e la televisione a New York. Il suo processo creativo può essere definito crudo e catartico, Cat non pianifica mai in anticipo le sue opere, piuttosto sono il risultato di un processo fluido e naturale, che si riversa spontaneamente su tela. Nel creare il lavoro, ha imparato a conoscere se stessa e i suoi sentimenti, ogni lavoro è una sorta di esplorazione di sé; un autoritratto.

Teleport Me | 120 x 150 cm | House paint on canvas

Provenendo da una carriera come scenografa per il cinema e la televisione nella sua città natale di New York, la pittura per la casa è stata una scelta naturale come medium, avendo lavorato con esso per anni. La vernice spessa crea insolite trame e profondità nel suo lavoro, mentre le pennellate creano motivi al loro interno. Assunta come decisione consapevole la limitazione della tavolozza colori, Spilman ha trovato due toni che funzionano bene insieme, lasciando che il vero fulcro del lavoro risieda nella composizione e nell’energia. Imparando dalla sua giovane figlia, Cat intende creare opere di pura creatività ed energia, al di là della pura autocritica. Disimparando ciò che ci si aspetta da lei come artista, segue l’energia naturale di ogni pezzo per creare qualcosa di completamente unico.

Rotate Me Toward the Sun | 120 x 150 cm | House paint on canvas

I quadri qui presentati fanno tutti parte della sua prossima mostra personale a Barcellona chiamata “The Necessity of Folly”, titolo estratto dal libro “Henry and June” di Anais Nin.  “La scrittura della Nin è magica e grintosa e questa citazione si è rivelata qualcosa di completamente applicabile alla nostra vita in questo momento. Gli ultimi tempi sono stati anni oscuri, piuttosto cupi a causa del Covid, della guerra, delle orribili regressioni politiche e del caos climatico. È facile sentirsi appesantiti e scoraggiati da quello che sembra un flusso di costante negatività. Ma come artista mi sento obbligata nel mio lavoro a cercare la spensieratezza e l’umorismo nel mondo, e suppongo avvenga come atto di ribellione e come tentativo di un sostegno emotivo. Penso quindi alla “follia” in questo contesto come sciocchezza, leggerezza – come un consapevole apprezzamento per l’ovvio, il ridicolo, l’assurdo. Ciascuno dei pezzi della mia esibizione rappresenta un certo livello di necessità nel non prendersi troppo seriamente, pur non negando l’oscurità, tenta di stupire gli spettatori con umorismo, amore e connettività”.