Montorfano | Cape Cod Morning
1950. La donna vestita di rosa, ritorna. Comparsa nel 1944, nuda, davanti a una finestra, o forse ancora prima, nel ’27, giovanissima, seduta in un caffè mentre osserva per sempre la tazza che tiene con due dita e poi ancora, superando il tempo, in una camera azzurra che non ha nulla del mare, in un vestito che ha ormai abbandonato ogni forma di giovinezza ed è diventato una pesca marcia, scurissima questa donna, rinata nel ’61 ancora giovane,ancora nuda, ancora davanti a una finestra che si intravede appena in una camera con pochi segni di vita, è questa donnaossessiva, sto dicendo, che vediamo in Cape Cod Morning, quasi che fosse un prototipo della vita stessa che viene scagliata in avanti, sollevata fino a un’idea di non più solitudine, di gramma pre-umano.
Il centro del quadro è questo. Il punto di raggrumo dell’erba alta, secca, e degli alberi folti, silenziosi; tutto spinge verso la casa.Verso di lei che con il corpo esercita una forza contraria a questi vettori. E che con lo sguardo fissa l’origine di quella luce che la investe e che è oltre il quadro stesso. Forse nel nostro mondo.
Inizia così un legame con lei, non so se dato dalla sua ripetizione nelle ere o per quella luce di annunciazione che la bagna. Ma l’avvicinamento esiste e si compie; dapprima silenzioso, poi via via più interno fino a correre alle sue spalle immaginando la sua vita, come siano i suoi mobili o, di che colore saranno le paretinel resto della casa? e, perché ha indossato quel vestito? Perché ancora quel color pesca? E più dolcemente, perché quell’accenno di sforzo sulle braccia? Perché quella mano destra così stretta?
Ma poi improvvisamente qualcosa tuona.
E dalla facciata in ombra del bow-window, lo sguardo si aggrappa alla parete. Dalla persiana verde scuro fortemente scorciata fuggesulle assi leggere, bianchissime; supera i vetri, l’interno giallo, sfiora la schiena della donna, arriva al bordo della casa e ancora fugge, fugge verso quel centro magnetico che è il bosco. Quelnero in un terrore altissimo, passivo, megalomane.
E il silenzio pare abbia qualcosa di fonico, poi di ideografico. Patisce ma non arriva mai alla parola.
Sembra qualcosa che formuli e rovesci nel suo contrario tutti i termini, tutta la Lingua.
Qualcosa al di là del logos. Una forma più alta della vita.
E non sta parlando né alla vita né alla Lingua.