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Michele Montorfano worked in advertising and later as professional educator in host communities for children and adolescents. He has collaborated and conducted projects of growing up and social housing in Italy and overseas. In 2013 he published Mnemosyne, shortlisted for several literary prizes. He wrote articles involving cinema and figurative arts intertwining and weaving his three areas of interest: aesthetics, poetry and social anthropology.

Ha corso, ha camminato. Guarda ciò che non potrà mai essere suo. Guarda ciò che era suo. È arrivata, se ne è andata.

L’arte genera Idoli. Ma cosa succede quando guardiamo questi Idoli nella completa libertà dello sguardo? Cosa sperimentiamo quando ci permettiamo di ribellare il nostro osservare?

Questo lavoro di Chiara Criniti, intitolato Articolo 10, vuole raccontarci la dolorosa presenza dei migranti sul territorio.

In Public Access Jordan Seiler osserva come tutte le città metropolitane abbiano una rete di autobus o tram che nel corso del tempo ha integrato, nei suoi servizi di mobilità sociale, l’industria globale della pubblicità.

Dalla macchina di Turing, passando a Deep Blue fino a ChatGPT, la domanda che già nel Seicento Pascal e Leibniz ponevano: “Può una macchina pensare?”

Quando tentiamo di comprendere il perdono, per conferirgli uno spazio persuasivo di verità, siamo continuamente tentati di spezzarne la parola insistendo sul significato del donare e quindi del dare gratuitamente qualcosa a qualcun altro.

Commissionata nel 1483 come regalo di nozze destinato a Giannozzo Pucci e alla sua nuova sposa Lucrezia, l’opera di Botticelli fu realizzata per le corrispondenti pareti della camera nuziale, ponendosi così come exempla: delle invenzioni moralizzanti scelte espressamente per ammonire

Rimane la domanda che accompagnerà per sempre noi visitatori e fruitori: ossia se può bastare l’estetica dell’opera, attraverso il proprio fascino e la propria seduzione, a far tacere il lamento e l’accusa. Se il dono che il bello fa di

Come se ci fosse la consapevolezza che i morti non sono persone. I morti non possono essere traditi, a meno che non li porti con te nel tuo cuore e faccia crudeltà lì.

La parola viaggio è allora tangente alla vita. E la conseguenza di essere in viaggio non è inscrivibile in quella serie di fotografie scattate al tramonto con i sorrisi migliori o con la conta dei giorni che si sgranano verso

Confesso di provare una stanchezza esangue, che sprofonda fino all’astio, nel sentire la sequela di meraviglie che i genitori cantano dei propri figli.

Di questo quadro esistono numerose versioni che differiscono per piccoli particolari: l’aggiunta di uno specchio d’acqua antistante l’abitazione, un cielo più denso, discordante, colori ora più tenui ora più marcati.

L’uomo è scomparso. La notte lascia il proprio cuore vuoto rivolgersi altrove.

Resta la finzione, la fiction purissima: il tempo della narrazione dove cade ogni differenza tra realtà e apparenza. Resta la semplicità spietata e totale delle cose.

Roberto Diodato è professore ordinario di Estetica all’Università Cattolica di Milano. Michele Montorfano lo ha raggiunto per un confronto in merito alla pandemia e alle conseguenze sulla nostra società: biosicurezza, potere, desiderio, libertà e seduzione. Roberto Diodato ci mostra il

L’immagine che torna sull’immagine, per vendicarsi.

Il cambiamento è la "sostituzione o l’avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l'aspetto di qualcosa o di qualcuno: è il mutamento che interviene in una situazione.”

E là dove la parola nomina l’illeggibilità dichiara anche l’illeggibilità del mondo.

È per questo che, se la pornografia consiste nel restare attaccati al fantasma dell’esibizione, l’amore si libera invece del fantasma tornando dal grido al sussurro e al silenzio.

E quando l’uomo e la donna si rivestiranno riprendendo il loro posto nel quadro

La casa non cadrà. Verrà smontata. Finirà il proprio percorso narrativo accatastata da qualche parte.

We caught up with Elinor for a nice coffe-break during her intense studio activity. Lean back and enjoy this exclusive interview

Soffermarsi su ogni immagine, proseguire, rifermarsi è intraprendere un viaggio che attraversa il nostro mutare mentre siamo intenti a vivere.

Credo che l'unica strada percorribile sia lavorare sempre e soltanto su noi stessi e sulla nostra storia.

Lo spettacolo va in scena sorretto da un grande lenzuolo nero punteggiato di stelle che nel suo esordio rivela l’ambiguità che lo ammanta.

Ci sono punti di tangenza e di comunione tra due oggetti come la casa - intesa quale spazio fisico - e l’immagine.

Ma il volto è lì, guardante e guardato. Immerso in quei piccoli segni, quelle croci, in quelle rughe, o massa di pelle che cade.

Allora il tratto metodico e attento di Travers, ci conduce non solo a ricordarci dell’estesa bellezza fabbricata dall’uomo ma anche alla più generosa vita che, seppure ci dilania, rimane l’avventura della luce e del bianco, il bianco che imprigiona la

Una stanchezza che penetra nel nostro petto, azzurra e profonda, che non mostra nulla, non oppone nulla

È un silenzio che passa sui muri sporchi, sui visi chiusi o assorti, o sulle pieghe dei vestiti.