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Montorfano | Night Shadows

È il 1921. Cézanne è morto. I cubisti, figli della sua pittura,iniziano ad imporsi.

A New York, al numero 3 di Washington Square, Hopper prosegue il suo lavoro con l’acquaforte. Prosegue quel cammino che porta ad essere se stessi. Al di là delle mode, al di là dell’arte per l’arte che “diventa un’arte flebile, evirata”- diceva.

Così, una strada, una casa, una persona. Nient’altro.

Ombre. E una veduta alta, vertiginosa. Quasi che osservassimo la scena appoggiati alla finestra di un palazzo fantasma, o forse, direttamente dal cielo.

E subito veniamo catturati da quelle linee che tracciano l’attimo in cui il buio si sbriciola nella luce spingendo avanti un uomo, forse l’ultimo uomo nella notte, e ci sorprendiamo a dire: è salvo. Finalmente e per sempre, salvo.

Ma in questa doppia presenza, già catturati, già totalmente stretti alla scena, sentiamo una diga cedere sotto il peso dell’acqua. E quell’uomo intatto, salvo, quell’uomo che forse siamo noi stessi, per un istante, crolla.

La striscia nera di un palo fantasma è ora un muro invalicabile. La casa si alza, brucia. Porte e finestre sono scomparse. Il nero immenso si nasconde e bisbiglia.

Tutto il bianco è praticamente cenere. Cenere che continua ad accanirsi.

E l’ombra di quel disperso, si spaventa. Fugge indietro. Torna inuna zona anfibia mentre la carne prova a resistere.

Allora ti accorgi che questa è la storia di un desiderio. E che l’uomo al centro del quadro, quell’uomo impietrato, concorre a questo desiderio. Si consumerà, si spegnerà in lui.

E capisci in quel momento che devi avere qualcosa di bellissimo da opporre alle tenebre in agguato; altrimenti, sei perduto.

 


Image: “Night Shadows” | Edward Hopper | 1921 | Acquaforte – 17,5 x 20,8 cm | Whitney Museum of American Art

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