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09 May, Thursday
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Russo | Bouquet

Se guardo attraverso il finestrino di destra le colline verdi, uniformi, lentamente cedono a forme di vita più policrome, vegetazioni più fitte, case per lo più gialle, nelle infinite tonalità mediterranee del giallo. A sinistra invece la discesa adriatica è interminabile. Ogni addio è interminabile, o meglio l’attimo che lo precede è interminabile. A pochi metri dal bagnasciuga file di massi nell’acqua, a poco meno di un chilometro una piattaforma in mezzo al mare. Gli stabilimenti balneari sono tutti chiusi il giorno di Pasqua. Eppure in tanti nel pomeriggio hanno voglia che arrivi l’estate: qualcuno con la canna da pesca, altri con gli aquiloni, alcuni padri con i figli a piedi nudi nell’acqua ghiacciata, tra le mani un cornetto algida. Ricordo una sera di aprile di 13 anni fa, la poca luce che entrava dalle persiane verdi, la sorpresa e l’abbandono, il pesciolino rosso ai bordi del tavolo, la pizza mangiata nel cartone con le bucce di mandarino. Ricordo una sera di maggio di un anno fa, la luce di quel lampadario come un’astronave che atterra in una cucina.

Ricordo libri lasciati cadere sul pavimento, porte sbattute e poi riaperte, rose strappate ad un indiano, quell’avvicinarsi su una panchina e sedersi l’una sulle gambe dell’altro per tornare indietro e ricominciare e tornare avanti, prendersi per mano a quarant’anni come a quindici o sessanta.

Poi centrali dell’Eni, sopraelevate, alberi di palma importati dall’Africa e ormai ambientati sui lungomari europei si alternano agli ulivi e ai lecci, alle gallerie, a torri federiciane spaccate tra l’asfalto e la sabbia. Quando finisce il buio di una galleria riprende la musica negli auricolari, qualcuno strabuzza gli occhi e cambia posizione sul sedile.

 

 

 

Non è un arrivederci, un saluto. Non è una morte. Non è un salto dall’altra parte del giorno, dall’altra parte del regno. Non è un salto nella notte, nel campo del nemico. L’addio non è nostalgia, ma il suo contrario. L’addio è una sospensione del tempo, un cambio di paradigma, perché l’io e il tu siano diversi, irrimediabilmente, il noi sia un altro noi, anche solo nella memoria o nella immaginazione, nel sogno, in un tempo che è un passato o futuro diversi da quelli che sono stati, in un tempo non presente. Si giunge alla fine del percorso e si ha la certezza che non si può ripercorrere il sentiero a ritroso, né ci sono labirinti da attraversare, perché davanti c’è solo un ponte, che conduce oltre il fiume ad una terra diversa, ignota: paura o entusiasmo, la solitudine e il dolore di terre desolate, o l’energia del sole che brucia sulla schiena. Mi chiedeva di essere più presente nel mio essere assente, nello stare a guardare e fare la spesa di notte come un fantasma, le carote, la soluzione fisiologica, andare in farmacia, montare un seggiolino e le sedie dell’ikea mentre dormiva, guardare la tv da solo sul divano per l’insonnia. Mi chiedeva più regolarità, cenare a orari consoni alla nostra età, guardare un film sul divano invece di parlare e fumare per ore e fare l’amore come dio comanda.

Aveva gli occhi rivolti all’indietro come pennuti in un parco di scoiattoli e zebre. Io volevo solo dormirle abbracciato.

Sono sceso a fumare a quasi tutte le fermate. Ho saltato soltanto Reggio, Pesaro e Termoli. Mio padre mi viene incontro, ha sempre più stanchezza nei movimenti, nei lineamenti del volto. Ma ha più capelli di me, porta una corona di spine in testa, il taglio degli occhi uguale al mio. Farò una lunga passeggiata in campagna, sui viali di pietrisco che tagliano i boschi di Barsento. Raccoglierò dai bordi un fiore per ciascuna delle varietà di forme e colori di aprile, stando attento che ogni stelo abbia lunghezza simile ma irregolare. Ne farò un bouquet da donare a mia figlia. Se ne prenderà cura ponendolo in un bicchiere di plastica con un poco d’acqua. Mi chiederò per ore a cosa pensa ma non le farò mai questa domanda, perché non è di un addio che avrò bisogno. La guarderò mentre osserva la sera i petali chiusi, e al mattino si accerta che si siano riaperti, finché ogni fiore non sarà appassito. E allora torneremo insieme a passeggiare e a raccoglierne degli altri, diversi, ma più belli.

 


Photo by STNGR Industries

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