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Saracino | Viaggio nell’assenza

La parola viaggio, così performante e particolarmente ricca di rimandi, contempla anche un sottile insieme di significati estremi, ridotti all’essenziale, rifugiati in quelle lande deserte dove nessuno vorrebbe ritrovarsi ma che pure ci sono destinate e addizionate nella vita, inesorabilmente. Si tratta dei viaggi comunemente definiti come “ultimi”. Quelli che comunicano e suggellano la dipartita di qualcuno, il suo essersene andato, essere sparito, essersi oscurato alla vista, marginalizzato dall’altra parte dei vocabolari, dove nessuna lettera può riconoscersi in una sequenza di senso e dove all’alfabetico ordine dei segni si sostituisce uno sbigottito dissenso per l’illogico oblio.
La scrittrice americana Alison Espach in “Appunti sulla tua scomparsa improvvisa” (Bollati Boringhieri) racconta questo rovescio: come ci si prepara al viaggio verso l’assenza di qualcuno che credevamo eterno? La cui persona credevamo essere immune dagli incidenti di percorso e così saldamente accertata dai nostri sensi?

Come ci si prepara alla sagoma vana dello spazio del lutto, dove ogni cosa si conforma a un paesaggio insidioso e convulso, disorganizzato, travolto dalla piena del dolore senza tregua? Icastico, impudico, spietato: ci pensa il ricordo a convocare l’assenza, che nel frattempo si fa paradossale compagna e interlocutrice, ascoltatrice e sodale.

La tredicenne Sally vive un’esistenza comune alle ragazzine della sua età: famiglia, scuola, amici. Ha una sorella di tre anni più grande, la bellissima Kathy, che naturalmente rappresenta un modello da imitare. Nella prima parte del libro Sally narra del rapporto spensierato con la sorella sancito da dialoghi perlopiù frivoli che toccano temi tipicamente adolescenziali: infiniti discorsi smarriti nelle lancette sperse del piccolo vivere quotidiano (tempo prezioso, aureo, dove sono esattamente le cosiddette chiacchiere da nulla a formare visioni del mondo, idee, identità, futuro). Accade che la bellissima Kathy muore improvvisamente in un incidente stradale causato dal suo fidanzato, Billy, presenza fondamentale nel coro della vita delle due sorelle perché rappresentante simbolico di tutti quei sentimenti che nel tempo dell’adolescere dominano e assillano (amore, amicizia, paura e desiderio dell’altro, attrazione sensuale). È a questo punto che Sally, narratrice assoluta della storia, inizia a rivolgersi alla sorella morta, in una condotta quasi epistolare, rievocandola in continuazione, mantenendola morente, come fosse viva e non più viva insieme. Nell’arcipelago diaristico della cieca sofferenza, le parla di Billy, di sensi di colpa, di solitudine assordante, di sfacelo familiare, rovina del tutto che caratterizza le famiglie spezzate in due da una tragedia inattesa.
Di cosa è fatto il viaggio dell’assenza? Forse di una moltitudine di addii, i nostri, sopravviventi al silenzio di chi se ne è andato. Forse degli imperfetti narrativi che servono a descrivere l’asincrono tempo non più abitabile. A implodere, in questi avvenimenti, è esattamente il linguaggio: inabile ad essere memoria, scade in frammenti impotenti che finiscono col ritorcersi contro anziché confortare. Eppure sarà proprio Billy, con la sua involontaria colpevolezza, ad equilibrare il senso della perdita e a fornire a Sally una possibilità di attraversamento del lutto: il suo amore per il fidanzato della sorella morta non tarderà a rivelarsi, anzi crescerà come un sottofondo graduale e infallibile tra le pagine del romanzo, restituirà un profondo e verticale assetto al dramma, rifondendo vecchie speranze e rinnovandole nel solco di una possibilità di sopportazione finalmente pacifica e aperta al sentimento del perdono.

 


“Appunti sulla tua scomparsa improvvisa” | Alison Espach | Traduzione di Benedetta Gallo | Bollati Boringhieri | 2022.

Photo by Andrew Shelley

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